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Antartide chiama … chiama … Petilia Policastro!

Un altro video collegamento con tanto di “lacrimucce” di commozione è stato quello con il Liceo Scientifico “Raffaele Lombardi Satriani” di  Petilia Policastro. Il Professor Luigi Concio che ha fatto “gli onori di casa” è un docente “polare” di tutto rispetto. Pensate che con due classi quinte sta curando una pagina facebook a cui vi rimando con molto piacere che si chiama “Progetto Antartide”.

A questo punto voi direte: perché le lacrimucce?!

Perché proprio di Petilia Policastro è uno dei partecipanti della Spedizione (una vera e propria colonna portante di Mario Zucchelli Station): Giovanni Astorino.

In sala operativa per il videocollegamento con Petilia Policastro. Copyright  PNRA.
In sala operativa per il videocollegamento con Petilia Policastro. Copyright PNRA.

Una Spedizione Antartica è sì una spedizione di ricerca in un posto “ai confini del mondo”  ma è anche un’esperienza umana incredibile.

In base si vive, si lavora, si mangia, si scherza, a volte anche si discute, insomma si diventa una “grande famiglia” che cerca di supplire alla mancanza della famiglia, quella vera, che si trova a migliaia di km di distanza.

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Giovanni saluta la moglie che, per l’occasione, ha partecipato al videocollegamento. Copyright PNRA.

Tante grazie al Professor Luigi per la disponibilità nell’organizzare questo incontro con l’Antartide e grazie soprattutto per l’entusiasmo dimostrato dagli studenti. Continuate ad interessarvi al continente di ghiaccio: ne vale la pena!

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Antartide chiama … chiama … San Miniato!

Continuo la mia carrellata di post dedicati alle varie scuole che si sono collegate con l’Antartide. Lo so, sono rimasta indietro, ma come ho già scritto abbiamo avuto giorni con due collegamenti a serata e la scorsa settimana io sono stata … no, non ve lo dico subito, vi lascio in “suspance”. Diciamo che non avevo la possibilità di usare Internet  perché ero fuori dalla base(per ora accontentatevi di questo … ).

Il post di oggi è dedicato alle due classi dell’Istituto Tecnico “Cattaneo” di San Miniato (Pisa) coordinate dalla Professoressa Gabriella Salerno che mi ha inviato sulla posta di FabAnt delle foto, fatte durante il collegamento, che pubblico con molto piacere.

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Alunni delle due classi  dell'Istituto Cattaneo di Pisa durante il collegamento con Mario Zucchelli Station. Copyright PNRA.
Alunni delle due classi dell’Istituto Cattaneo di San Miniato durante il collegamento con Mario Zucchelli Station. Copyright PNRA.
Finalmente ci rendiamo conto di come ci vedono dall'Italia! Grazie Gabriella.
Finalmente ci rendiamo conto di come ci vedono dall’Italia! Grazie Gabriella.

La Professoressa Salerno mi consente di tornare a parlare delle “comunità polari” cioè gruppi di insegnanti italiani ( ma anche stranieri) che credono che le scienze polari siano un mezzo privilegiato per veicolare i contenuti e le competenze dei programmi scolastici di scienze.

A proposito vi invito a guardare questo numero di Scienze Magazine della Pearson, tutto dedicato alle scienze polari, dove troverete dei “nomi illustri” di queste comunità. Giusto per citarne qualcuno (e non se abbiano a male gli altri, per carità): la cara Gabriella Salerno, Luca Miserere, il docente che ha partecipato alla XXVIII Spedizione Italiana in Antartide e Matteo Cattadori di cui non vi scrivo nient’altro perché a lui sarà dedicato uno dei prossimi post (vi dico solo che è il Prof. dei Proff. Polari … ).

Buona lettura …

http://media.pearsonitalia.it/0.466646_1418399465.pdf

 

a fine spettacolo

Antartide chiama … chiama … Rescaldina!

Che bello quando dall’altra parte del video collegamento c’è una delle tue migliori amiche che, inoltre, condivide con te la passione per l’Antartide.

Il collegamento con le seconde A e D dell’Istituto Comprensivo “D. Alighieri” di Rescaldina è stato uno dei più impegnativi per i ricercatori antartici.  Come poteva essere diversamente quando alla guida delle classi, preparatissime sugli argomenti polari, c’è una Prof. “super polare” come l’amica Piera Ciceri che già da tempo ha iniziato con questi “mini scienziati” un percorso didattico sulla “favolosa Antartide”.

E allora questo post è tutto dedicato a loro che lo scorso anno scolastico hanno messo in scena davanti un pubblico entusiasta (tra cui ho avuto la fortuna di esserci anche io) un pezzo di teatro-scienza dedicato alla mirabolante avventura di Ernest Shackleton e la sua nave Endurance (se non la conoscete dovete assolutamente informarvi perché veramente se di “mitologia antartica” si può parlare non si può fare a meno di menzionare l’impresa di questo esploratore antartico!)

Vi lascio alle parole scritte direttamente da questi attori in erba che, secondo me, sono più convincenti di qualsiasi cosa io possa dirvi.

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L'equipaggio dell'Endurance avvista in lontananza il continente antartico prima di rimanere bloccati tra i ghiacci.
L’equipaggio dell’Endurance avvista in lontananza il continente antartico prima di rimanere bloccato tra i ghiacci.
Lo spettacolo è stato anche il pretesto per affrontare degli argomenti del programma di scienze. L'esperimento "drammatizzato" spiega  perché uno strato di grasso sottocutaneo è importante per l'isolamento termico degli animali polari.
Lo spettacolo è stato anche il pretesto per affrontare degli argomenti del programma di scienze. L’esperimento “drammatizzato” spiega perché uno strato di grasso sottocutaneo, simulato con un guanto di margarina, è importante per l’isolamento termico degli animali polari.
Questo piccolo attore interpreta l'astronauta Parmitano. Andare oggi nello spazio non è poi così diverso dalle spedizioni antartiche.
Questo piccolo attore interpreta l’astronauta Parmitano. Andare oggi nello spazio non è poi così diverso dalle spedizioni antartiche.

Ci rimane solo da chiedere: a quando le repliche?

Presto detto! Il 12 maggio a Milano ad Expo 2015, padiglione Italia, lo spettacolo “Uomini e scienza ai confini del mondo” una storia vera quasi al 100% verrà replicato.
Per quanto mi riguarda cercherò di  non mancare!

Intanto cari ragazzi complimenti a voi e alle vostre fantastiche insegnanti! Se il buongiorno si vede dal mattino …

 

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Antartide chiama … chiama … Rimini!

Particolarmente ricco di spunti il collegamento effettuato con il Liceo Scientifico “A. Einstein” di Rimini dove gli studenti, guidati dalla Prof.ssa Emma Gabellini, hanno impegnato i ricercatori in diversi ambiti. E non solo i ricercatori! Infatti la domanda degli studenti, a cui è dedicato il post, riguarda un aspetto importantissimo qui in Antartide e cioè l’assistenza sanitaria.

Stare quattro mesi in un ambiente come quello antartico espone a diversi tipi di problemi sanitari .  Inoltre, in caso di emergenza, è evidentemente impossibile rientrare tempestivamente in Italia per curarsi. E’ per questo che qui a MZS, in mezzo a tanta neve, c’è – è proprio il caso –  di dirlo un’assistenza sanitaria “con i fiocchi” !

“In base siamo 2 medici ed un infermiere “ci spiega il colonnello Sergio Fulvio, Ufficiale Medico dell’Aeronautica Militare, responsabile del servizio sanitario di Mario Zucchelli Station “ e la nostra attività consiste nell’assicurare la normale assistenza sanitaria ma anche coordinare gli interventi di pronto soccorso sia in base che fuori dalla base.”

“Il presidio sanitario di MZS “continua Sergio” è costituito da due ambienti: un’infermeria per le visite di routine ed una vera e propria sala chirurgica attrezzata anche per gli interventi più delicati.”

La sala chirurgica di MZS. Copyright PNRA.
La sala chirurgica di MZS. Copyright PNRA.

E’ possibile fare anche radiografie e analisi che, con un collegamento di telemedicina con il Policlinico Gemelli di Roma, è possibile far visionare a specialisti italiani per una consulenza .”

Lo staff sanitario al completo: il Dottor Antonio Gagliardi, il Dottor Sergio Fulvio e l'Infermiere Bernardino Angelini. In mezzo a loro posso veramente stare tranquilla! Copyright PNRA.
Lo staff sanitario al completo: il Dottor Antonio Gagliardi, il Dottor Sergio Fulvio e l’Infermiere Bernardino Angelini. In mezzo a loro si può solo “stare bene”! Copyright PNRA.

Penso che la fortuna di avere due medici e un infermiere a disposizione che ti visitano e ti curano nell’arco di 10 minuti, senza prenotazioni e liste di attesa, sia il sogno di ogni italiano … beh, in Antartide questo sogno è una realtà!

Antartide chiama … chiama … Pisa!

A volte i video-collegamenti regalano delle emozioni inaspettate: è il caso in cui tra gli studenti c’è il figlio di un partecipante alla spedizione.

E questo è proprio successo circa una settimana fa, quando ci siamo collegati con una classe della Scuola Primaria “Damiano Chiesa” di Pisa frequentata dal figlio del ricercatore e amico Sandro Francesconi, dell’Università di Pisa, persona splendida a cui dedico questo post.

Il video-collegamento sarebbe dovuto avvenire nell’ ultima sera di permanenza di Sandro in base prima di partire con la nave coreana Araon per tornare in Nuova Zelanda ma … l’imbarco è stato anticipato al giorno prima per cui noi, dalla sala operativa, ci siamo collegati con la scuola e Sandro era con noi “via radio” dalla nave che a qualche km da noi oltre il pack.

La nave Araon vista dalla sala operativa. Tra i passeggeri c'era anche Sandro Francesconi.
Un atipico collegamento a 3: dall’Italia la scuola “Damiano Chiesa” di Pisa, dall’Antartide noi dalla sala operativa e dalla nave Araon (qui fotografata, proprio quella sera, dalla sala operativa) il ricercatore Sandro Francesconi via radio. Copyright PNRA.

I bambini hanno fatto domande sul clima e gli animali ma anche sulla vita del ricercatore in Antartide.

La ricercatrice Silvia Illuminati dell'Università Politecnica delle Marche, risponde ad una "ricercatrice in erba". Copyright PNRA.
La ricercatrice Silvia Illuminati dell’Università Politecnica delle Marche, risponde ad una “ricercatrice in erba”. Copyright PNRA.

Qualche lacrimuccia è stata versata in sala operativa quando il figlio di Sandro ha salutato il padre, che non abbraccia da 2 mesi, da 15.000 km di distanza.

Cosa dire? La vita del ricercatore e del personale logistico “antartico”, cari bambini e lettori tutti, è anche questa: un lungo distacco dalla famiglia, spesso coincidente con le feste natalizie, tutto per amore della ricerca in questo spettacolare continente all’altra estremità del mondo.

Caro Sandro, ti auguriamo tutti quanti di passare le restanti feste in serenità con la tua famiglia. E questo vale anche per tutti gli altri amici che sono partiti con la nave Araon.

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Antartide chiama … chiama … Ascoli Piceno!

La scorsa settimana si è svolto, non con una certa emozione da parte mia, il videocollegamento tra MZS e il Liceo Scientifico “A. Orsini” di Ascoli Piceno, la scuola che mi ha visto sui banchi come studentessa.

Le molte classi coinvolte dalle insegnanti del dipartimento di Scienze, che ringrazio personalmente, hanno impegnato i ricercatori e i meteorologi dell’Aeronautica Militare su diverse interessanti tematiche.

La domanda alla quale, però, è dedicato il post riguarda il “viaggio” per arrivare in Antartide. Io, oramai tanto tempo fa, vi ho parlato del mio viaggio per raggiungere MZS. Un viaggio lungo ma, in effetti, non troppo faticoso, tutto tramite mezzi aerei.

Quando però sul pack davanti la base gli aerei non possono più atterrare perché è diventato troppo sottile, allora da Christchurch o Hobart, i partecipanti alla spedizione partono in nave.

Ecco il breve resconto di uno dei ricercatori, Angelo Galeandro del Politecnico di Bari, che ha voluto condividere con FabAnt “gioie e dolori” del suo viaggio via mare.

Sono partito dall’Italia domenica 30 novembre. Il piano di volo prevedeva lo scalo in diversi aeroporti (Roma, Londra, Dubai per una sosta tecnica necessaria per il rifornimento dell’aereo, Sydney) prima di arrivare ad Hobart, in Tasmania, un’isola situata a sud dell’Australia. Tra tempo di volo e soste, il viaggio in aereo è durato quasi 48 ore. Eravamo in 11 ad essere diretti in Antartide, 8 persone alla base italo-francese Concordia, 3 alla base Mario Zucchelli. Ad Hobart ci siamo divisi, 6 (tra cui io) sono stati imbarcati sull’Astrolabe, una piccola nave francese diretta alla base francese Dumont D’Urville, i restanti 5 hanno proseguito in aereo per Casey (la base australiana).

 

Copyright PNRA.
Copyright PNRA.

Dopo essere rimasti ad Hobart per 4 giorni, a causa di problemi al generatore della nave, siamo salpati sabato 6 dicembre alle 10 del mattino. Tutti e 6 eravamo stati messi in una piccolissima stanza, che dovevamo condividere con i bagagli personali ed i bagagli con gli indumenti da indossare in Antartide. L’Astrolabe è una nave dal fondo piatto e, per questo, molto “sensibile” al moto ondoso. Non per niente, nel corso del tempo si è guadagnata l’appellativo di “Gastrolabe” per le numerose vittime del mal di mare che ha fatto negli anni. E infatti, nonostante il bel tempo e il mare poco agitato, diversi di noi sono stati male.

E' difficilissimo fare una foto "dritta" sull'Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.
E’ difficilissimo fare una foto “dritta” sull’Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.

Il viaggio, che sembrava non avere mai fine, è durato complessivamente 6 giorni. Il 5° giorno siamo arrivati finalmente in acque non mosse e costellate da lastre di ghiaccio alla deriva.

Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.
Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.

Avvicinandoci alla costa, siamo passati tra enormi iceberg, alcuni alti anche fino ad un centinaio di metri. Su diverse lastre erano “parcheggiati” pinguini di Adelia, pinguini imperatore, foche. In acqua abbiamo visto anche una balena e, forse, un’orca.

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Il soffio di una balena fotografata dal ponte dell’Astrolabe. Copyright PNRA.
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Foca Leopardo sul ghiaccio marino. Copyright PNRA.

Sbarcati a Dumont D’Urville, il giorno dopo ci hanno trasferiti con un piccolo aereo chiamato Twin Otter alla base Mario Zucchelli, destinazione finale, dove siamo arrivati domenica 14 dicembre. Eravamo stati in viaggio per 15 giorni, alcuni dei quali terribili a causa del mal di mare, ma alla fine la soddisfazione di aver raggiunto un posto che suscita emozioni difficilmente esprimibili a parole.

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Foto scattata nei pressi della base francese Dumont D’Urville.Copyright PNRA.

Grazie ad Angelo per averci raccontato la sua esperienza. Anche io ripartirò dall’Antartide via mare … speriamo bene!

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Antartide chiama … chiama … Cremona!

Nella scorsa settimana sono stati molti i collegamenti con le scuole del progetto “Adotta una Scuola dall’Antartide” del PNRA (Programma Nazionale di Ricerca in Antartide), a volte anche due per sera.

La settimana di videocollegamenti è stata aperta dagli studenti delle classi IA e IB CAT dell’Istituto Ghisleri di Cremona guidati dalla loro “polarissima” insegnante, nonché amica, Maria Laura Beltrami.

Alcune delle domande si sono concentrate sulla struttura della base Mario Zucchelli, che è stata la mia casa per questi due mesi e a cui è dedicato questo post.

La struttura della Base Mario Zucchelli “ci spiega il capo spedizione Franco Ricci”  è composta da un corpo centrale a due piani con una pianta a forma di “T”. Al primo piano ci sono i laboratori scientifici, sul lato lungo, e dall’altro lato, coesistono mensa, zona lavanderia, bar, cucine, sale fumatori e non fumatori e la zona notte.”

Una foto di Mario Zucchelli Station. Copyright PNRA.
Una foto di Mario Zucchelli Station. Copyright PNRA.

“La parte superiore” continua Franco ” è strutturata in modo da avere la Sala utenti dei computer, la sala conferenze maggiore, la sala conferenze minore, la sala calcolo, la sala geologi, i laboratori di elettronica e telecomunicazioni unitamente agli uffici della Direzione e le facilities telefoniche. Sopra a tutto ciò c’è la Sala operativa che è stata studiata e realizzata in modo da avere una visuale su 360 gradi.”

Veduta dall'alto di MZS dove si possono osservare oltre al corpo centrale in blu e arancio anche altri edifici come i magazzini  e gli hangar per gli elicotteri. Copyright PNRA.
Veduta dall’alto di MZS dove si possono osservare oltre al corpo centrale in blu e arancio anche altri edifici come i magazzini e gli hangar per gli elicotteri. Copyright PNRA.

“La Base “Mario Zucchelli “continua a raccontarci Franco Ricci “è titolata in memoria del compianto ingegnere che ha seguito questo progetto fin dai primi anni è stata costruita in questo luogo perché, nelle ispezioni precedenti la progettazione, il Prof. Carlo Stocchino, anche lui grande figura dell’Antartide e grande scienziato, unitamente ad altri esperti, capì subito che il posto era perfetto per l’edificazione di una Base. Infatti, Il posto è incantevole e la vicinanza del mare, favorisce tutte quelle attività di ricerca legate alla biologia marina. Inoltre, la posizione è particolarmente adatta per i collegamenti aerei continentali con le altre Basi e con Concordia.

Pista sul pack per l'atterraggio dell'L-100 che, partendo da Christchurch,  porta i primi gruppi di partecipanti alla spedizione. Copyright PNRA.
Pista sul pack per l’atterraggio dell’L-100 che, partendo da Christchurch, porta i primi gruppi di partecipanti alla spedizione. Copyright PNRA.

Il luogo, ha un privilegio unico al mondo per quanto riguarda il panorama. Si vede il Melbourne, un vulcano quiescente alto circa 3000 metri, il Campbell, una lingua di ghiaccio che si estende nel mare blu cobalto, quando il pack, ormai, è solo un ricordo invernale ed il cielo terso di un blu celestiale e cristallino strisciato da pennellate di nubi dalla forma inusuale. Insomma una vera tela dipinta da un artista mai nato”

E guardando la prossima foto come dare torto al nostro capo spedizione?!

Dalla sala operativa di MZS si gode una vista eccezionale. Dietro il mare ghiacciato si staglia la sagoma del Monte Melbourne, un vulcano quiesciente. Copyright PNRA.
Dalla sala operativa di MZS si gode una vista eccezionale. Dietro il mare ghiacciato si staglia la sagoma del Monte Melbourne, un vulcano quiesciente. Copyright PNRA.
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antartide chiama … chiama … udine

Qualche sera fa è stata la volta degli studenti dell’Istituto Tecnico Commerciale “C. Deganutti” di Udine a collegarsi con Mario Zucchelli Station.

Gli allievi, guidati dal loro insegnante di Scienze (nonché mio collega ed amico) Roberto Basana hanno concentrato le loro domande sulla situazione logistica della stazione di ricerca ma soprattutto sugli aspetti geologici del continente di ghiaccio (non per niente il Professor Basana è un geologo!).

E allora questo post dedicato agli studenti di Udine cercherà di rispondere ad una loro domanda: ci sono i terremoti in Antartide?

“In Antartide, ad eccezione della penisola antartica, i terremoti sono molto rari e di bassa magnitudo” ci spiega Samuele Agostini, ricercatore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse  del CNR di Pisa “Pensate che nel database dei terremoti USGS , dal 2010 ad oggi in tutto il continente antartico sono stati rilevati solo 7 terremoti con magnitudo superiore a 4 quando già solo nella molto più piccola Italia ogni anno se ne registrano centinaia”.

E allora, se ci sono così pochi terremoti,  perché qui nei pressi della stazione Mario Zucchelli  è presente una “grotta sismica” dove sono posizionati dei sismografi?

La grotta sismica scavata nel granito in modo che la temperatura interna si mantenga costante. Copyright PNRA.
La grotta sismica scavata nel granito in modo che la temperatura interna  della stanza dei sismografi si mantenga costante. Copyright PNRA.

“E’ utilissimo avere una stazione sismografica in Antartide” ci spiega Francesco Pongetti, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma “in quanto le praticamente nulle attività antropiche e i rari terremoti locali fanno sì che i sismografi collocati al suo interno diano dei grafici molto puliti di grandi terremoti che avvengono anche a migliaia di km di distanza. Questi dati vengono poi utilizzati per ricostruire il modello interno del nostro pianeta.”

Francesco nella grotta sismica con alle spalle i sismografi. Copyright PNRA.
Francesco nella grotta sismica con alle spalle i sismografi. Copyright PNRA.

 

 

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Antartide chiama … chiama … Ascoli Piceno

Qualche sera fa (mattina per voi tutti amici del fuso +1) durante la videoconferenza con le scuole ho finalmente risentito i “suoni di casa”. Infatti, in collegamento con Mario Zucchelli Station, c’era l’ITS Mazzocchi di Ascoli Piceno, la mia bellissima città natale.

I ragazzi, guidati dai loro disponibilissimi insegnanti che ho avuto modo di conoscere prima della mia partenza per il continente di ghiaccio,  hanno tempestato di domande interessanti, talvolta impegnative, i ricercatori presenti in base. Questo post è dedicato proprio ad una di queste domande riguardo gli adattamenti al freddo e al nuoto degli animali antartici.

Ci sarebbe da scrivere un libro sull’argomento quindi “FOCAlizziamoci” sugli adattamenti della nostra beniamina e cioè la foca di Weddell.

Mamma e cucciolo. Copyright PNRA.
Mamma e cucciolo. Copyright PNRA.

“Per resistere alle lunghe immersioni nelle fredde acque antartiche “ ci spiega Arnol Rakaj del gruppo di ricerca sulle foche di Weddell dell’Università di Torvergata ” le foche ricorrono a particolari adattamenti. Oltre alla presenza della pelliccia, il più importante è quello dello strato di grasso (blubber) superiore ai 5 cm che avvolge l’animale. Questo strato forma un vero e proprio involucro che isola l’animale dall’ ambiente esterno; contemporaneamente, la massa grassa svolge anche la funzione di riserva energetica per i periodi in cui la caccia è meno favorevole.”

Lo strato di grasso sottocutaneo in una foca di Weddell può raggiungere anche i 10 cm. Credit: Jennifer Burns
Lo strato di grasso sottocutaneo in una foca di Weddell può raggiungere anche i 10 cm. Credit: Jennifer Burns

“Anche la forma tondeggiante del corpo dell’animale” continua Arnold “risulta essere il migliore compromesso tra superfice/volume, caratteristica questa tipica di molti animali endotermi dei climi freddi.”

Le foche di Weddell sono animali "ciccioni". Il loro strato di grasso li protegge dalla dispersione di calore. Copyright PNRA.
Le foche di Weddell sono animali “ciccioni”. La loro forma tondeggiante riduce la superficie rispetto al volume diminuendo la dispersione di calore.  Copyright PNRA.

“Un ultimo ma non meno importante adattamento morfologico è costituito dai turbinati nasali (complesse introflessioni della cavità nasale) i quali consentono all’animale di ridurre al minimo la dispersione termica durante la respirazione in un ambiente estremo come è l’Antartide.”

Turbinati nasali molto articolati della foca di Weddell.
Turbinati nasali molto articolati della foca di Weddell. Credit: Jennifer Burns.

“Per quanto riguarda gli adattamento al nuoto e al mondo sommerso le strategie messe in atto sono anche più complesse e articolate” ci dice il nostro ricercatore “Questi animali si immergono per lunghi intervalli di tempo (superiori a 80 min) a  profondità notevoli (904 m registrati nel 2008).”

“Al contrario di quello che si può pensare le riserve polmonari non costituiscono la principale riserva d’ossigeno della foca per le lunghe immersioni. Infatti, per immagazzinare l’ossigeno, le foche possono contare su una notevole quantità di sangue che arriva a costituire il 20% del volume corporeo totale (rispetto 7-8% nel caso di noi umani). Il loro sangue, inoltre, è anche molto più denso e ricco in emoglobina rispetto al nostro e  può costituire, così, una consistente riserva di ossigeno.”

Percentuale di volume corporeo costituito dal sangue.
Percentuale di volume corporeo costituito dal sangue.

“Anche i muscoli contribuiscono, grazie ad una notevole quantità di mioglobina (proteina presente nel tessuto muscolare), ad aumentare la quantità di ossigeno disponibile”

Un sentito grazie ad Arnold Rakaj, giovane e promettente ricercatore con cui ho lavorato durante questo periodo a MZS, e grazie anche agli insegnanti e agli allievi dell’ITS Mazzocchi di  che con il loro interesse hanno portato un po’ di Antartide ad Ascoli Piceno.

Grazie ai ragazzi dell'ITS Mazzocchi riesco a fare un "tributo" dovuto ad una delle piazze più belle d'Italia ( e non penso di essere di parte!).
Grazie ai ragazzi dell’ITS Mazzocchi riesco a fare un “tributo” dovuto ad una delle piazze più belle d’Italia ( e non penso di essere di parte!).
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Antartide chiama … chiama … Staranzano!

Questa volta sono stati i ragazzi delle prime classi dell’ISIS BEM di Gradisca/ Staranzano (GO) a collegarsi con il continente di ghiaccio.

Le domande, a cui hanno risposto i ricercatori presenti a MZS, hanno spaziato da interrogativi  riguardanti le peculiarità dell’Antartide fino a curiosità sulla giornata “tipo” dei ricercatori e l’organizzazione della vita in base.

Interessante è stata la domanda riguardante i collegamenti con altre basi di ricerca a cui è dedicato questo post.

Prima di tutto la ricerca in Antartide è basata sulla cooperazione internazionale, principio sancito dal Trattato Antartico di cui vi ho già parlato.

Per motivi di vicinato spesso in base si possono incontrare coreani e tedeschi (la base tedesca di Gondwana e la nuovissima base coreana Jang Bogo Station sono vicine alla nostra:le possiamo raggiungere con 15 minuti di motoslitta o automobile finché c’è il pack nella Tethys Bay).

Base tedesca di Gondwana. Copyright PNRA.
Base tedesca di Gondwana. Copyright PNRA.
Veduta dall'alto della nuovissima Jang Bogo Station coreana. Copyright PNRA.
Veduta dall’alto della nuovissima Jang Bogo Station coreana. Copyright PNRA.
Da buona tradizione italiana "abbiamo bussato con i piedi" a Jang Bogo Station. Il nostro chef di cucina Franco Lubelli ( a destra nella foto con lo chef coreano) ha preparato una torta da portare in dono ai coreani. Copyright PNRA.
Da buona tradizione italiana “abbiamo bussato con i piedi” a Jang Bogo Station. Il nostro chef di cucina Franco Lubelli ( a destra nella foto con lo chef coreano) ha preparato una  buonissima e bellissima torta da portare in dono ai coreani. Copyright PNRA.

Un’altra base con cui si collabora spesso è quella francese Dumont D’Urville che si trova a circa 1200 km da MZS (tutto sommato abbastanza vicino considerando le distanze qui in Antartide). Questo anche perché con i francesi condividiamo una base che è un fiore all’occhiello della ricerca antartica, la base Concordia che si trova all’interno del continente ( anche lei a 1200 km da MZS).Altri vicini di casa sono gli americani della base McMurdo, la più grande base presente qui in Antartide, dove vivono più di 1000 persone, e i neozelandesi con la loro Scott Base.

E’ normalissimo, qui in base, sentire parlare in inglese e francese oppure  vedere a pranzo ricercatori neozelandesi o coreani.

E’ veramente un ambiente “internazionale” e “interculturale”!