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Nell’attesa bisogna “sopravvivere”

Immaginate di essere alla Stazione Mario Zucchelli in Antartide e di dovervi allontanare, ad esempio con l’elicottero, per compiere il vostro lavoro di ricerca. Non è che dite “Ciao a tutti, io esco … resterò fuori per un po’ ” (per chi se ne fosse accorto ho fatto una citazione “polare”) e ve ne andate.

Potrebbe, infatti, capitare che mentre siete lontani dalla base, l’elicottero a causa del vento catabatico, non possa tornare a recuperarvi anche per qualche giorno. E allora non possono certo bastare i giubbotti caldi e pesantissimi e gli scarponi tarati per -50 gradi a salvarvi:  è necessario che abbiate portato con voi  lo ZAINO DI SOPRAVVIVENZA obbligatorio per tutti quelli che per qualsiasi motivo si allontanano dalla base.

Una guida alpina dell'esercito che è stato nostro istruttore durante il corso, ci spiega il contenuto dello zaino di sopravvivenza (foto fatta da Alessia Cicconi Copyright PNRA)
Una guida alpina dell’esercito che è stato nostro istruttore durante il corso, ci spiega il contenuto dello zaino di sopravvivenza (foto fatta da Alessia Cicconi Copyright PNRA)

Nello zaino, che deve assicurare la sopravvivenza di 3 persone per 4 giorni si trovano:

1 tenda completa (modello alpinistico) per 3 persone (ci si sta un po’ strettini, in verità, ma tenete in considerazione che è una situazione di emergenza)

1 piccozza multiuso con becca paletta, martello, scure e pala (per assicurare la tenda  … ricordatevi che il  vento è uno dei maggiori problemi per le attività in Antartide!)

3 bombole di gas (per cucinare e sciogliere il ghiaccio…qualcosa bisogna pur mangiare e bere!)

20 mt di cordino (ci sono pochissime cose che non si possono fare con un cordino…parola di McGyver!)

8 scaldini

3 sacchi a pelo

3 coperte termiche a telo

3 materassini gonfiabili

1 eliografo (per segnalazioni luminose per farsi vedere da chi ci viene a prendere)

1 fischietto (per farsi sentire da chi ci viene a prendere)

1 contenitore di fiammiferi antivento (altrimenti voglio proprio vedervi ad accenderli…)

3 fumogeni (per richiamare l’attenzione di chi ci viene a recuperare)

1 fornello a gas con pentolini (modello alpinistico)

6 confezioni di viveri di emergenza liofilizzati

1 scatola sanitaria

Una parte del  contenuto dello zaino di sopravvivenza. (Foto Alessia Cicconi. Copyright PNRA).
Una parte del contenuto dello zaino di sopravvivenza. (Foto Alessia Cicconi. Copyright PNRA)

E sapete quanto pesa in totale tutta questa roba?

La risposta nei prossimi post (cosa non si fa per fidelizzare un lettore?!)

Sopra la scala la capra campa…

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foto Alessia Cicconi, Copyright PNRA.

Questa esercitazione è stata particolarmente faticosa. Lo so che a vedere le foto direte “Che ci vuole a salire una scaletta!”, invece vi posso assicurare che se non si usa la tecnica giusta (e può capitare se uno lo fa per la prima volta) è una faticaccia incredibile come potete vedere dallo sforzo immane che sto facendo (vi risparmio il video, per ora).
Ora vi chiederete perché in Antartide una persona dovrebbe arrampicarsi su una scaletta, ho indovinato? Allora immaginate che per qualche ragione vi troviate a lavorare sul pack e che improvvisamente questo cominci a frantumarsi intorno a voi lasciandovi su una zattera di ghiaccio alla deriva -mi seguite, vero? -. Chiamate la Centrale Operativa della base e loro mandano un elicottero a recuperarvi. L’elicottero arriva, vi lancia la scaletta e a questo punto …dovete SALIRE!

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Uomo in mare…..(anzi donna) – Prima parte

L’ esercitazione di cui vi sto per parlare è stata entusiasmante anche se bisogna sperare di non doverla mai mettere in pratica.
Si tratta del recupero di una persona caduta in acqua. Ora… se cadiamo in acqua a San Benedetto del Tronto mentre stiamo andando placidamente sul pedalò, e chiaramente sappiamo nuotare, lo so … l’acqua può sembrarci “freddina” ma la persona che si trova con noi (mai andare da soli in mare…neanche a San Benedetto del Tronto!) ha tutto il tempo di recuperarci . Se ci troviamo in Antartide o giù di lì, le cose sono completamente diverse.
In Antartide, a causa della temperatura dell’acqua (circa 1-2 gradi sotto zero… in estate!) un uomo in acqua può sopravvivere circa 3 minuti anche se sa nuotare ( lo so che sembra difficile crederlo ma è così). Questo tempo si dilata a 20 minuti nel caso si indossino delle particolari tute (quelle che potete vedere nella foto).

Quando un uomo cade in mare a queste latitudini potrebbe esserci una sola occasione di prenderlo e tirarlo su in barca … bisogna quindi essere addestrati all’evenienza.
Ieri nel Lago Brasiamone, sotto un cielo grigio e piovoso, dieci uomini (anzi, 9 uomini ed una donna, cioè io) sono caduti in acqua e sono stati tutti recuperati!

LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO!

Ecco un assaggio delle prime giornate del bellissimo corso a cui sto partecipando.

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Tutti i partecipanti alla spedizione ricevono un addestramento per operare un primo soccorso nell’attesa che possa intervenire il personale medico sempre presente nelle stazioni. Foto fatta da Cicconi Alessia, Copyright PNRA

Il programma prevede interessanti lezioni in aula riguardanti l’Antartide in generale e il PNRA, cioè il  Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e lezioni pratiche. Nella logica che la sicurezza è sempre prioritaria uno dei primi argomenti che abbiamo trattato è stato inerente i problemi di salute e l’emergenza medica. Chiaramente in Antartide ci si ammala come in qualsiasi altra situazione ma ci sono delle peculiarità dovute alla particolare situazione ambientale. Ad esempio: provate ad indovinare quali sono statisticamente i maggiori problemi di salute nelle nostre basi in Antartide secondo i dati forniti dai medici che sono sempre presenti?
Di primo acchito il ragionamento porterebbe a pensare: “Antartide = freddo =  congelamento”  Risposta sbagliata. Il congelamento rappresenta una percentuale bassissima tra i problemi medici nelle basi. Invece, provate a pensare dove si muovono tutti quanti quando escono dalla base… ebbene si, sul ghiaccio. E, come insegna la fisica, sul ghiaccio si scivola …

Per non parlare del riverbero della luce sul ghiaccio e sulla neve (fenomeno che si chiama “albedo”) che può provocare problemi agli occhi se non correttamente protetti dagli occhiali da sole.
Insomma: l’ attenzione che nella vita di tutti giorni abbiamo per la nostra sicurezza in Antartide deve essere decuplicata.

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Inizia il corso di “SOPRAVVIVENZA”

Ci siamo. Sto per partire per il corso di preparazione obbligatorio per chi deve trascorrere un periodo nel continente antartico (il nome vero è “corso di addestramento ed ambientamento” ma da me chiamato fino a ieri “corso di sopravvivenza” forse perché spero in quella…).Il corso si svolge nell’arco di due settimane: una settimana sul Lago Brasimone (chi sa dov’è alzi la mano) ed una sul  Monte Bianco.

Tante “leggende” aleggiano su questo corso: non potremo usare i cellulari per simulare l’isolamento in Antartide … dovremo passare la notte sul ghiacciaio (cosa che per gli esperti di montagna è magari facile come uno schiocco di dita ma pensate per dei ricercatori … e non se la prendano i ricercatori esperti alpinisti, per carità!) … e tante altre storie.

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Giusto per creare un po’, come si dice, di suspance, vi dico che tra le cose che dobbiamo mettere nello zaino ci sono: fiammiferi (e voi direte: certo, per il fuoco! Ma allora, dico io, perché non un accendino?!); spago (cosa dovremo legare con lo spago?) e …. filo di ferro (mi sento già Mc Gyver … lo so, qui forse ho perso i lettori nati dal 1985 in poi .) ! Magari molti di voi sanno perfettamente a cosa serviranno tutte queste cose, ma sono sicura che tanti altri muoiono dalla curiosità di saperlo … e allora non dovete fare altro che continuare a  seguire il mio blog.

Nei limiti del possibile vi terrò informati su quello che accadrà in questi giorni.