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Accadeva nel 1933 …

Esattamente un anno fa ( e che cosa e’ un anno rispetto alla storia della Terra?!) iniziava la mia esperienza a seguito della  XXX Spedizione Italiana in Antartide.

Quale migliore “compleanno” per il mio primo piede nel continente di ghiaccio che poter assistere alla prima mondiale di un film-documentario su alcune spedizioni  dell’Ammiraglio  Statunitense  Richard E. Byrd in Antartide (per intenderci il primo che ha sorvolato con un aereo il Polo Nord ed il Polo Sud in aereo)?!

Foto proveniente dal Byrd Polar and Climate Research Center Archival Program.
Foto proveniente dal Byrd Polar and Climate Research Center Archival Program.

La proiezione e’ avvenuta al Wexner Center for the Arts della Ohio State University a Columbus. In questa Universita’  si trova, appunto, il Byrd Polar and Climate Research Center a cui la famiglia dell’esploratore/aviatore  ha donato le pellicole girate durante alcune spedizioni e che Byrd stesso aveva usato nella sua incredibile opera di divulgazione (Discovery Lectures Series) proprio come noi oggi useremmo una presentazione Power Point.

Locandina dell'evento.
Locandina dell’evento.

Quando ho avuto accesso alle pellicole ho subito capito di essere di fronte a qualcosa di straordinario ” ha dichiarato prima della proiezione la realizzatrice del documentario Pamela Theodotou.

Il restauro delle pellicole danneggiate ha richiesto diversi anni cosi’ come la comprensione della  corretta sequenza temporale degli spezzoni presenti.  Da qui in poi inizia il vero lavoro “creativo” della regista che in un’ora e mezza di film senza dialoghi (ma usando le registrazioni audio ambientali originali) e  in bianco e nero (d’altronde i maggiori protagonisti sono ghiaccio e neve!), condensando una gigantesca mole di materiale, tiene letteralmente incollati allo schermo (o sarebbe meglio dire “congelati” sulle poltrone).

Al termine del film e’ seguito un dibattito con la realizzatrice dove ho constatato che non ero l’unica, soprattutto tra coloro che avevano partecipato ad una spedizione polare, ad essermi emozionata …

Se volete saperne di piu’ ecco il link al sito del film/documentario, che verra’ presentato a diversi festival cinematografici,  dove potete vedere anche alcuni spezzoni.

E’ proprio vero; il mal d’Antartide non ti abbandona mai!

 

 

 

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EXP(L)ORATORI POLARI ALL’EXPO …

Sono ormai attori “navigati” gli alunni delle classi IIA e IID della Scuola Secondaria di primo grado di Rescaldina e lo hanno dimostrato addirittura all’EXPO, mettendo in scena ancora una volta il loro spettacolo “Uomini e Scienza ai confini del mondo: una storia vera quasi al 100%” (vedi post).

L’occasione della performance è stata una giornata dedicata interamente al Teatro Scienza.

Per spiegare cosa sia il Teatro Scienza prendo a prestito le suggestive parole di Sergio Escobar, Direttore del Piccolo Teatro di Milano, coinvolto nel progetto insieme a Scienza Under 18 e alla Fondazione Silvio Tronchetti Provera.

“… “Ricerca” è la parola che unisce teatro e scienza: entrambe le discipline soffocano senza ricerca; della ricerca condividono rigore e metodo; entrambe vivono grazie al continuo prevalere di nuove domande sulle risposte raggiunte. Non esiste scoperta scientifica senza curiosità e creatività; non esiste teoria che non sia nata da una irrefrenabile irrequietezza, dalla confutazione di ciò che si dava per noto, definitivo. il teatro non solo “racconta” la scienza in maniera coinvolgente, fortemente comunicativa, ma fa rivivere il metodo della scienza, gli slanci, gli “inciampi”, le conquiste ….”

Ed ecco a voi una piccola galleria di immagini dei nostri piccoli grandi attori che hanno portato sul palcoscenico la mirabolante quanto emozionante storia dell’esploratore polare Ernest Shackleton nella sua spedizione con la nave Endurance. Un’incredibile storia di coraggio, fiducia e “resistenza” avvenuta circa 100 anni fa…

 

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Le cose che non vi ho detto (1): viaggio in Cina!

Il suo nome tradotto in italiano significa “Dragone dei Ghiacci”, 162 metri di lunghezza, 120 persone residenti tra equipaggio e ricercatori,  nave rompighiaccio alla 31esima spedizione polare: ecco in breve le caratteristiche della Xue Long, la nave cinese che mi ha riportato in Nuova Zelanda (insieme ad altri 8 componenti della spedizione).

La Xue Long al largo di Inesxpressible Island. Copyright PNRA.
La Xue Long al largo di Inesxpressible Island. Copyright PNRA.

Ora ne parlo tranquillamente ma quando ho visto questa nave al largo di Mario Zucchelli Station il mio cuore ha cominciato a sentirsi stretto in una morsa: sapevo che presto avrei dovuto lasciare la base e soprattutto le persone con cui avevo condiviso, per oltre due mesi, un’esperienza così eccezionale.

Il primo impatto, non mi vergogno a dirlo, è stato sconfortante visto il mio stato d’animo.

Poi, il lungo viaggio, durato quasi due settimane, mi ha regalato esperienze ed emozioni che non avrei mai immaginato…

Prima di tutto lo spettacolo della navigazione tra i ghiacci …

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Pur essendo estate il pack non scompare del tutto e per circa 4/5 giorni la navigazione si è svolta tra i ghiacci. Copyright PNRA.
Copyright PNRA.
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Pinguini di Adelia sul pack. Sullo sfondo la costa dell’Antartide: una delle ultime immagini del continente prima di allontanarci dalla costa e dirigerci verso il mare aperto.Copyright PNRA.

Il primo tramonto dopo tanti giorni di luce continua ….

Copyright PNRA.
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Workshop scientifici…

Durante la navigazione, approfittando della presenza di ricercatori italiani, coreani, neozelandesi ed ovviamente cinesi è stato organizzato un workshop sulla ricerca in Antartide. Copyright PNRA.
Durante la navigazione, approfittando della presenza di ricercatori italiani, coreani, neozelandesi ed ovviamente cinesi è stato organizzato un workshop sulla ricerca in Antartide. Copyright PNRA.

Sport e divertimento in compagnia “internazionale” …

Per fare un po' di movimento nella nave era presente un piccolo campo di pallacanestro. Nella foto: un torneo a tiri liberi organizzato nel dopo cena. Copyright PNRA.
Per fare un po’ di movimento nella nave era presente un piccolo campo di pallacanestro. Nella foto: un torneo a tiri liberi organizzato nel dopo cena. Copyright PNRA.

E… non ci crederete mai …

Podio del torneo di tiri liberi (a cui hanno partecipato più di 50 persone): primo classificato Tom (Cina), secondo classificato non so il nome (Corea), terzo classificato ALESSIA (Italia)!!!  Copyright PNRA.
Podio del torneo di tiri liberi (a cui hanno partecipato più di 50 persone): primo classificato Tom (Cina), secondo classificato non so il nome (Corea), terzo classificato ALESSIA (Italia)!!! Ho tenuto alto l’onore dell’Italia!Copyright PNRA.

Come a MZS si può trovare, in piccolo, uno spaccato d’Italia, viaggiare sulla Xue Long è come fare un viaggio in Cina con le sue diverse popolazioni, i suoi sapori e le sue abitudini. Un vero itinerario di scoperta di una nazione gigantesca “concentrata” a bordo di una nave.

Una cosa è certa: dopo questo viaggio non dirò mai più che i cinesi sono tutti uguali!!

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la “giusta distanza”

Prendo in prestito il titolo di un bellissimo film del regista italiano Carlo Mazzacurati  (che vi consiglio vivamente) per parlarvi del mio rientro dall’Antartide.

Lasciare l’Antartide è stato difficilissimo.

Non sto parlando di “lasciare” nel senso di allontanamento fisico dal continente (per quanto anche quello sia stato logisticamente difficoltoso) ma sto parlando di un lasciare più profondo. Un “lasciare” che significa andarsene “per sempre” sapendo di non poter tornare più. E’ un po’ come morire (tranquilli… ho scritto “un po'”…). Per cui spero mi capirete quando vi confesso che il silenzio dell’ultimo periodo è stato un momento necessario per una sorta di elaborazione di questo distacco. Per arrivare, appunto, alla giusta distanza che, in realtà, non so se riuscirò a raggiungere mai.

Qualcuno degli amici che ho conosciuto a Mario Zucchelli Station mi aveva parlato di “mal d’Antartide” e, sinceramente, già dai primi giorni in cui ho messo piede nel favoloso continente non ho avuto nessun dubbio che ne avrei sofferto al momento della partenza. Partenza che è stata ancora più traumatica perché improvvisa…

L’Antartide ti entra dentro e una parte del tuo cuore resta “intrappolato” tra i ghiacci e, come in ogni favola che si rispetti, l’altra parte che torna a casa con te sentirà per sempre il richiamo di quel pezzettino rimasto nel continente bianco.

L’Antartide ti travolge con la sua potenza. Di fronte ai suoi monumenti naturali ognuno non può che sentirsi “piccolo piccolo” come davanti qualcosa di “gigantesco”. L’Antartide è maestosa e regale ma al contempo semplice ed essenziale. Quando si torna al mondo reale (perché chiaramente l’altro è parso “surreale”) tutto sembra superfluo. In Antartide si perde il contatto con tanti “oggettini” che nella nostra vita quotidiana sembrano fondamentali: portafoglio, bancomat, cellulare… Tutti finiscono nel “cestino” del nostro cervello che trova, proprio in questo “mondo alla fine del mondo”, la sua dimensione autentica … quella che sarebbe se non ci fossero le sovrastrutture che noi abitanti del “primo mondo” ci siamo creati e che, in questo “mondo zero” (o sarebbe meglio dire: “sotto zero”) tornano ad essere quello che sono realmente: fardelli per il nostro spirito libero e “selvatico” (termine che qui uso nella sua accezione assolutamente positiva).

So che forse è difficile comprendere quello che sto scrivendo ma sono delle emozioni, o meglio delle sensazioni che volevo condividere con tutti voi che mi avete seguito in questa meravigliosa avventura pur sapendo che non ci sono parole abbastanza “colorate e profumate” e per descrivere tutto quello che mi ha riempito gli occhi e che ha travolto i miei sensi nei mesi passati a Mario Zucchelli Station, 74° 41′ Sud -164° 07′ Est.

Piano piano sono tornata alla mia vita ( e gli amici antartici sanno quanto è difficile ributtarcisi dentro…) e sto cercando di raccontare questa esperienza unica. Piano piano le immagini, ora nitide e vivissime , di questo periodo importante della mia vita diventeranno un “bianco ricordo” ma so già che ogni volta che dovrò parlare dell’Antartide e che riguarderò le migliaia di foto che ho scattato, quel pezzettino di cuore rimasto là batterà più forte e il suo richiamo si farà sentire…

Ed ora voglio finire questo post “nostalgico” lasciandovi una poesia (perché, ebbene sì..sfatiamo un mito: anche noi Proff. di Scienze amiamo la letteratura!). Una poesia di un poeta greco che apparentemente non centra nulla con l’Antartide. Una poesia che mi ha spedito ad ottobre, prima che partissi, una docente che avevo conosciuto ai “Tre giorni della scuola” a Napoli. Una poesia che solo dopo il mio ritorno, appunto con la” giusta distanza”, sono riuscita a capire in profondità e che mi emoziona ogni volta che rileggo e per la quale ringrazio Aurelia che, quasi come una vaticinante (per rimanere in tema), me l’ha inviata.

 

ITACA

Quando ti metterai in viaggio per Itaca 
devi augurarti che la strada sia lunga, 
fertile in avventure e in esperienze. 
I Lestrigoni e i Ciclopi 
o la furia di Nettuno non temere, 
non sarà questo il genere di incontri 
se il pensiero resta alto e un sentimento 
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. 
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, 
né nell’irato Nettuno incapperai 
se non li porti dentro 
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga. 
Che i mattini d’estate siano tanti 
quando nei porti – finalmente e con che gioia – 
toccherai terra tu per la prima volta: 
negli empori fenici indugia e acquista 
madreperle coralli ebano e ambre 
tutta merce fina, anche profumi 
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, 
va in molte città egizie 
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca – 
raggiungerla sia il pensiero costante. 
Soprattutto, non affrettare il viaggio; 
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio 
metta piede sull’isola, tu, ricco 
dei tesori accumulati per strada 
senza aspettarti ricchezze da Itaca. 
Itaca ti ha dato il bel viaggio, 
senza di lei mai ti saresti messo 
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. 
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso 
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Costantino Kavafis

a fine spettacolo

Antartide chiama … chiama … Rescaldina!

Che bello quando dall’altra parte del video collegamento c’è una delle tue migliori amiche che, inoltre, condivide con te la passione per l’Antartide.

Il collegamento con le seconde A e D dell’Istituto Comprensivo “D. Alighieri” di Rescaldina è stato uno dei più impegnativi per i ricercatori antartici.  Come poteva essere diversamente quando alla guida delle classi, preparatissime sugli argomenti polari, c’è una Prof. “super polare” come l’amica Piera Ciceri che già da tempo ha iniziato con questi “mini scienziati” un percorso didattico sulla “favolosa Antartide”.

E allora questo post è tutto dedicato a loro che lo scorso anno scolastico hanno messo in scena davanti un pubblico entusiasta (tra cui ho avuto la fortuna di esserci anche io) un pezzo di teatro-scienza dedicato alla mirabolante avventura di Ernest Shackleton e la sua nave Endurance (se non la conoscete dovete assolutamente informarvi perché veramente se di “mitologia antartica” si può parlare non si può fare a meno di menzionare l’impresa di questo esploratore antartico!)

Vi lascio alle parole scritte direttamente da questi attori in erba che, secondo me, sono più convincenti di qualsiasi cosa io possa dirvi.

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L'equipaggio dell'Endurance avvista in lontananza il continente antartico prima di rimanere bloccati tra i ghiacci.
L’equipaggio dell’Endurance avvista in lontananza il continente antartico prima di rimanere bloccato tra i ghiacci.
Lo spettacolo è stato anche il pretesto per affrontare degli argomenti del programma di scienze. L'esperimento "drammatizzato" spiega  perché uno strato di grasso sottocutaneo è importante per l'isolamento termico degli animali polari.
Lo spettacolo è stato anche il pretesto per affrontare degli argomenti del programma di scienze. L’esperimento “drammatizzato” spiega perché uno strato di grasso sottocutaneo, simulato con un guanto di margarina, è importante per l’isolamento termico degli animali polari.
Questo piccolo attore interpreta l'astronauta Parmitano. Andare oggi nello spazio non è poi così diverso dalle spedizioni antartiche.
Questo piccolo attore interpreta l’astronauta Parmitano. Andare oggi nello spazio non è poi così diverso dalle spedizioni antartiche.

Ci rimane solo da chiedere: a quando le repliche?

Presto detto! Il 12 maggio a Milano ad Expo 2015, padiglione Italia, lo spettacolo “Uomini e scienza ai confini del mondo” una storia vera quasi al 100% verrà replicato.
Per quanto mi riguarda cercherò di  non mancare!

Intanto cari ragazzi complimenti a voi e alle vostre fantastiche insegnanti! Se il buongiorno si vede dal mattino …

 

Antartide chiama … chiama … Pisa!

A volte i video-collegamenti regalano delle emozioni inaspettate: è il caso in cui tra gli studenti c’è il figlio di un partecipante alla spedizione.

E questo è proprio successo circa una settimana fa, quando ci siamo collegati con una classe della Scuola Primaria “Damiano Chiesa” di Pisa frequentata dal figlio del ricercatore e amico Sandro Francesconi, dell’Università di Pisa, persona splendida a cui dedico questo post.

Il video-collegamento sarebbe dovuto avvenire nell’ ultima sera di permanenza di Sandro in base prima di partire con la nave coreana Araon per tornare in Nuova Zelanda ma … l’imbarco è stato anticipato al giorno prima per cui noi, dalla sala operativa, ci siamo collegati con la scuola e Sandro era con noi “via radio” dalla nave che a qualche km da noi oltre il pack.

La nave Araon vista dalla sala operativa. Tra i passeggeri c'era anche Sandro Francesconi.
Un atipico collegamento a 3: dall’Italia la scuola “Damiano Chiesa” di Pisa, dall’Antartide noi dalla sala operativa e dalla nave Araon (qui fotografata, proprio quella sera, dalla sala operativa) il ricercatore Sandro Francesconi via radio. Copyright PNRA.

I bambini hanno fatto domande sul clima e gli animali ma anche sulla vita del ricercatore in Antartide.

La ricercatrice Silvia Illuminati dell'Università Politecnica delle Marche, risponde ad una "ricercatrice in erba". Copyright PNRA.
La ricercatrice Silvia Illuminati dell’Università Politecnica delle Marche, risponde ad una “ricercatrice in erba”. Copyright PNRA.

Qualche lacrimuccia è stata versata in sala operativa quando il figlio di Sandro ha salutato il padre, che non abbraccia da 2 mesi, da 15.000 km di distanza.

Cosa dire? La vita del ricercatore e del personale logistico “antartico”, cari bambini e lettori tutti, è anche questa: un lungo distacco dalla famiglia, spesso coincidente con le feste natalizie, tutto per amore della ricerca in questo spettacolare continente all’altra estremità del mondo.

Caro Sandro, ti auguriamo tutti quanti di passare le restanti feste in serenità con la tua famiglia. E questo vale anche per tutti gli altri amici che sono partiti con la nave Araon.

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Antartide chiama … chiama … Ascoli Piceno!

La scorsa settimana si è svolto, non con una certa emozione da parte mia, il videocollegamento tra MZS e il Liceo Scientifico “A. Orsini” di Ascoli Piceno, la scuola che mi ha visto sui banchi come studentessa.

Le molte classi coinvolte dalle insegnanti del dipartimento di Scienze, che ringrazio personalmente, hanno impegnato i ricercatori e i meteorologi dell’Aeronautica Militare su diverse interessanti tematiche.

La domanda alla quale, però, è dedicato il post riguarda il “viaggio” per arrivare in Antartide. Io, oramai tanto tempo fa, vi ho parlato del mio viaggio per raggiungere MZS. Un viaggio lungo ma, in effetti, non troppo faticoso, tutto tramite mezzi aerei.

Quando però sul pack davanti la base gli aerei non possono più atterrare perché è diventato troppo sottile, allora da Christchurch o Hobart, i partecipanti alla spedizione partono in nave.

Ecco il breve resconto di uno dei ricercatori, Angelo Galeandro del Politecnico di Bari, che ha voluto condividere con FabAnt “gioie e dolori” del suo viaggio via mare.

Sono partito dall’Italia domenica 30 novembre. Il piano di volo prevedeva lo scalo in diversi aeroporti (Roma, Londra, Dubai per una sosta tecnica necessaria per il rifornimento dell’aereo, Sydney) prima di arrivare ad Hobart, in Tasmania, un’isola situata a sud dell’Australia. Tra tempo di volo e soste, il viaggio in aereo è durato quasi 48 ore. Eravamo in 11 ad essere diretti in Antartide, 8 persone alla base italo-francese Concordia, 3 alla base Mario Zucchelli. Ad Hobart ci siamo divisi, 6 (tra cui io) sono stati imbarcati sull’Astrolabe, una piccola nave francese diretta alla base francese Dumont D’Urville, i restanti 5 hanno proseguito in aereo per Casey (la base australiana).

 

Copyright PNRA.
Copyright PNRA.

Dopo essere rimasti ad Hobart per 4 giorni, a causa di problemi al generatore della nave, siamo salpati sabato 6 dicembre alle 10 del mattino. Tutti e 6 eravamo stati messi in una piccolissima stanza, che dovevamo condividere con i bagagli personali ed i bagagli con gli indumenti da indossare in Antartide. L’Astrolabe è una nave dal fondo piatto e, per questo, molto “sensibile” al moto ondoso. Non per niente, nel corso del tempo si è guadagnata l’appellativo di “Gastrolabe” per le numerose vittime del mal di mare che ha fatto negli anni. E infatti, nonostante il bel tempo e il mare poco agitato, diversi di noi sono stati male.

E' difficilissimo fare una foto "dritta" sull'Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.
E’ difficilissimo fare una foto “dritta” sull’Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.

Il viaggio, che sembrava non avere mai fine, è durato complessivamente 6 giorni. Il 5° giorno siamo arrivati finalmente in acque non mosse e costellate da lastre di ghiaccio alla deriva.

Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.
Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.

Avvicinandoci alla costa, siamo passati tra enormi iceberg, alcuni alti anche fino ad un centinaio di metri. Su diverse lastre erano “parcheggiati” pinguini di Adelia, pinguini imperatore, foche. In acqua abbiamo visto anche una balena e, forse, un’orca.

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Il soffio di una balena fotografata dal ponte dell’Astrolabe. Copyright PNRA.
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Foca Leopardo sul ghiaccio marino. Copyright PNRA.

Sbarcati a Dumont D’Urville, il giorno dopo ci hanno trasferiti con un piccolo aereo chiamato Twin Otter alla base Mario Zucchelli, destinazione finale, dove siamo arrivati domenica 14 dicembre. Eravamo stati in viaggio per 15 giorni, alcuni dei quali terribili a causa del mal di mare, ma alla fine la soddisfazione di aver raggiunto un posto che suscita emozioni difficilmente esprimibili a parole.

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Foto scattata nei pressi della base francese Dumont D’Urville.Copyright PNRA.

Grazie ad Angelo per averci raccontato la sua esperienza. Anche io ripartirò dall’Antartide via mare … speriamo bene!

il più “anziano” della base.

Il Basler parcheggiato sul pack davanti la Stazione Mario Zucchelli. Copyright PNRA.
Il Basler parcheggiato sul pack davanti la Stazione Mario Zucchelli. Copyright PNRA.

Questo post è dedicato a tutti coloro che amano gli aerei. Vi ho già parlato del Twin Otter ma accanto a lui “parcheggiato” sul pack davanti la Stazione Mario Zucchelli, c’è un altro aeroplano: il BASLER BT-67.

Questo aereo, a differenza del suo vicino, ha sia le ruote che gli sci per atterrare sulla neve e viene utilizzato per lunghi trasferimenti all’interno del continente antartico. Ad esempio in questi giorni ci sarà un volo che porterà diverse persone alla stazione Concordia che si trova a circa 1200 km da MZS (Mario Zucchelli Station) e ad effettuarlo sarà proprio lui, il nostro Basler. L’aereo viene anche usato per distribuire bidoni di carburante in siti remoti dove poi vanno a rifornirsi gli elicotteri quando accompagnano i ricercatori in missioni scientifiche lontano dalla base.

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Bidoni di carburante scaricati dal Basler nel sito remoto di Morozumi Range. Copyright PNRA.

Ho avuto il piacere di fare uno di questi viaggi per rifornire questi “pit stop” nel ghiaccio.

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Equipaggio del volo del Basler al sito remoto di Morozumi Range. Copyright PNRA.

Ma la cosa incredibile di questo aereo è che può vantare la coppa del “più anziano” in base. Infatti, se andiamo a guardare l’anno di costruzione torniamo indietro al 1942 e scopriamo che questo apparecchio ha fatto la seconda guerra mondiale. Non è altro, infatti, che un vecchio e famosissimo DC-3, noto anche come Dakota.

Targhetta del Basler dove si può leggere l'anno di costruzione:1942! Copyright PNRA.
Targhetta del Basler dove si può leggere l’anno di costruzione:1942! Copyright PNRA.

Ora, sostituiti i motori a pistoni con delle turbine, è passato “dalla guerra alla ricerca” ( non è l’unico caso qui in Antartide). Quale migliore “avanzamento di carriera” per questo gioiellino dell’aria?!

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E’ arrivato il Twin Otter!

Qualche giorno fa è atterrato a Baia Terra Nova il Twin Otter, l’aeroplano con il quale, dalla nostra base di ricerca, vengono effettuati trasferimenti e spostamenti in Antartide.

Fin qui niente di troppo speciale se non fosse per il viaggio che ha fatto questo apparecchio per arrivare davanti alla Stazione Mario Zucchelli. Giochiamo un pochino ad “Acqua e Fuoco” … Provate, infatti, ad indovinare da dove proviene l’equipaggio che ne è sceso… “Italia”? Acqua, acqua …  “Nuova Zelanda”? Acqua …. Allora, “Australia”? Ancora acqua … Arrendetevi perché non ci arriverete mai… L’aereo è partito da Calgary (non … Cagliari!) una città del Canada e, dopo 11 giorni di viaggio in cui ha attraversato tutto il Nord America, il Sud America e trasvolato da ovest ad est tutta l’Antartide, eccolo qui davanti ai miei occhi.

Il Twin Otter appena atterrato sul pack di Baia Terra Nova. Copyright PNRA.
Il Twin Otter appena atterrato sul pack di Baia Terra Nova. Copyright PNRA.

Uno dei membri dell’equipaggio, Kelsey, ci spiega quali sono state le loro tappe. Lo so, il video è in inglese, (d’altronde Kelsey è canadese), ma potete riconoscere qualche nome: Texas, Portorico, Equador, tre notti in Cile (il Cile è lungo!), Rothera (base inglese nella Penisola Antartica) , Polo Sud (nella base americana Amundsen-Scott che si trova proprio sul Polo Sud) e, dulcis in fundo, Mario Zucchelli Station.

Chiaramente appena arrivati sul continente antartico, come per le auto si passa dai pneumatici estivi a quelli invernali, nel Twin Otter si sostituiscono le ruote di gomma con degli sci che gli consentono di atterrare e decollare sulla neve in pochi metri.

Trasferimento delle ruote del Twin Otter. Copyright PNRA.
Trasferimento delle ruote del Twin Otter. Copyright
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Atterraggio … anzi no, ammaraggio …anzi no, “a-pack-aggio”

Ed eccomi atterrata sul … mare !
Ah, non ve l’ho detto? Il nostro L-100 atterra sul ghiaccio marino (il pack). Quindi, tecnicamente, abbiamo fatto un ammaraggio… Lo so … sembra incredibile, ma finché il ghiaccio marino avrà uno spessore di almeno 2 metri l’aereo potrà continuare ad atterrarci sopra, poi, bisognerà arrivare alla base Mario Zucchelli via mare.
Durante l’inverno australe le basse temperature atmosferiche provocano il congelamento del primo strato di mare formando il cosiddetto pack o banchisa o ghiaccio marino.

Guardate che differenza tra l’estensione del pack tra l’estate e l’inverno australe.

Estensione minima del pack durante l'estate australe.
Estensione del pack o ghiaccio marino durante l’estate australe.
Estensione del pack o ghiaccio marino durante l'inverno australe.
Estensione del pack o ghiaccio marino durante l’inverno australe.