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Antartide chiama … chiama … Ascoli Piceno!

La scorsa settimana si è svolto, non con una certa emozione da parte mia, il videocollegamento tra MZS e il Liceo Scientifico “A. Orsini” di Ascoli Piceno, la scuola che mi ha visto sui banchi come studentessa.

Le molte classi coinvolte dalle insegnanti del dipartimento di Scienze, che ringrazio personalmente, hanno impegnato i ricercatori e i meteorologi dell’Aeronautica Militare su diverse interessanti tematiche.

La domanda alla quale, però, è dedicato il post riguarda il “viaggio” per arrivare in Antartide. Io, oramai tanto tempo fa, vi ho parlato del mio viaggio per raggiungere MZS. Un viaggio lungo ma, in effetti, non troppo faticoso, tutto tramite mezzi aerei.

Quando però sul pack davanti la base gli aerei non possono più atterrare perché è diventato troppo sottile, allora da Christchurch o Hobart, i partecipanti alla spedizione partono in nave.

Ecco il breve resconto di uno dei ricercatori, Angelo Galeandro del Politecnico di Bari, che ha voluto condividere con FabAnt “gioie e dolori” del suo viaggio via mare.

Sono partito dall’Italia domenica 30 novembre. Il piano di volo prevedeva lo scalo in diversi aeroporti (Roma, Londra, Dubai per una sosta tecnica necessaria per il rifornimento dell’aereo, Sydney) prima di arrivare ad Hobart, in Tasmania, un’isola situata a sud dell’Australia. Tra tempo di volo e soste, il viaggio in aereo è durato quasi 48 ore. Eravamo in 11 ad essere diretti in Antartide, 8 persone alla base italo-francese Concordia, 3 alla base Mario Zucchelli. Ad Hobart ci siamo divisi, 6 (tra cui io) sono stati imbarcati sull’Astrolabe, una piccola nave francese diretta alla base francese Dumont D’Urville, i restanti 5 hanno proseguito in aereo per Casey (la base australiana).

 

Copyright PNRA.
Copyright PNRA.

Dopo essere rimasti ad Hobart per 4 giorni, a causa di problemi al generatore della nave, siamo salpati sabato 6 dicembre alle 10 del mattino. Tutti e 6 eravamo stati messi in una piccolissima stanza, che dovevamo condividere con i bagagli personali ed i bagagli con gli indumenti da indossare in Antartide. L’Astrolabe è una nave dal fondo piatto e, per questo, molto “sensibile” al moto ondoso. Non per niente, nel corso del tempo si è guadagnata l’appellativo di “Gastrolabe” per le numerose vittime del mal di mare che ha fatto negli anni. E infatti, nonostante il bel tempo e il mare poco agitato, diversi di noi sono stati male.

E' difficilissimo fare una foto "dritta" sull'Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.
E’ difficilissimo fare una foto “dritta” sull’Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.

Il viaggio, che sembrava non avere mai fine, è durato complessivamente 6 giorni. Il 5° giorno siamo arrivati finalmente in acque non mosse e costellate da lastre di ghiaccio alla deriva.

Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.
Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.

Avvicinandoci alla costa, siamo passati tra enormi iceberg, alcuni alti anche fino ad un centinaio di metri. Su diverse lastre erano “parcheggiati” pinguini di Adelia, pinguini imperatore, foche. In acqua abbiamo visto anche una balena e, forse, un’orca.

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Il soffio di una balena fotografata dal ponte dell’Astrolabe. Copyright PNRA.
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Foca Leopardo sul ghiaccio marino. Copyright PNRA.

Sbarcati a Dumont D’Urville, il giorno dopo ci hanno trasferiti con un piccolo aereo chiamato Twin Otter alla base Mario Zucchelli, destinazione finale, dove siamo arrivati domenica 14 dicembre. Eravamo stati in viaggio per 15 giorni, alcuni dei quali terribili a causa del mal di mare, ma alla fine la soddisfazione di aver raggiunto un posto che suscita emozioni difficilmente esprimibili a parole.

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Foto scattata nei pressi della base francese Dumont D’Urville.Copyright PNRA.

Grazie ad Angelo per averci raccontato la sua esperienza. Anche io ripartirò dall’Antartide via mare … speriamo bene!

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E’ arrivato il Twin Otter!

Qualche giorno fa è atterrato a Baia Terra Nova il Twin Otter, l’aeroplano con il quale, dalla nostra base di ricerca, vengono effettuati trasferimenti e spostamenti in Antartide.

Fin qui niente di troppo speciale se non fosse per il viaggio che ha fatto questo apparecchio per arrivare davanti alla Stazione Mario Zucchelli. Giochiamo un pochino ad “Acqua e Fuoco” … Provate, infatti, ad indovinare da dove proviene l’equipaggio che ne è sceso… “Italia”? Acqua, acqua …  “Nuova Zelanda”? Acqua …. Allora, “Australia”? Ancora acqua … Arrendetevi perché non ci arriverete mai… L’aereo è partito da Calgary (non … Cagliari!) una città del Canada e, dopo 11 giorni di viaggio in cui ha attraversato tutto il Nord America, il Sud America e trasvolato da ovest ad est tutta l’Antartide, eccolo qui davanti ai miei occhi.

Il Twin Otter appena atterrato sul pack di Baia Terra Nova. Copyright PNRA.
Il Twin Otter appena atterrato sul pack di Baia Terra Nova. Copyright PNRA.

Uno dei membri dell’equipaggio, Kelsey, ci spiega quali sono state le loro tappe. Lo so, il video è in inglese, (d’altronde Kelsey è canadese), ma potete riconoscere qualche nome: Texas, Portorico, Equador, tre notti in Cile (il Cile è lungo!), Rothera (base inglese nella Penisola Antartica) , Polo Sud (nella base americana Amundsen-Scott che si trova proprio sul Polo Sud) e, dulcis in fundo, Mario Zucchelli Station.

Chiaramente appena arrivati sul continente antartico, come per le auto si passa dai pneumatici estivi a quelli invernali, nel Twin Otter si sostituiscono le ruote di gomma con degli sci che gli consentono di atterrare e decollare sulla neve in pochi metri.

Trasferimento delle ruote del Twin Otter. Copyright PNRA.
Trasferimento delle ruote del Twin Otter. Copyright