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Quattro chiacchiere con… un “Invernante”

La Professoressa Raffaella Tedesco del Liceo Scientifico Statale “F. Severi” di Salerno mi scrive questa mail:
Abbiamo letto in classe l’articolo “VIAGGIO PER DOME C” e i miei alunni mi hanno sommerso di domande che giro a voi per le risposte.

Per affrontare questo periodo così lungo

1) Quali problemi di ambientazione hanno dovuto superare?
2) Per tutti questi mesi come hanno fatto a rifornirsi ?
3) Quale è la temperatura all’interno della base e come funziona l’impianto di riscaldamento?
4) Quali combustibili si usano per la cucina e l’acqua calda?
5) La mancanza di luce solare per tanto tempo influisce sulla fisiologia (la vista) e sulla psiche?
Curiosità:
1) Come si smaltiscono i rifiuti (anche quelli corporei)?
2) Come ci si lava?
3) Come si passa il tempo (oltre a giocare a …calcetto)?
Grazie in anticipo

Cari studenti del Liceo Scientifico Statale “F. Severi” ,avete avuto una fortuna pazzesca: infatti per qualche giorno nella nostra base si sono fermati alcuni “invernanti” (nel gergo “antartico” si definisce “invernante” una persona che ha passato in Antartide il buio inverno) in attesa di ripartire per l’Italia dopo la loro esperienza a Dome C.
Si offre per l’intervista Daniele Tavagnacco, Dottorando in Astrofisica dell’Università di Trieste che ringrazio moltissimo.

Daniele in procinto di ripartire per l'Italia. Copyright PNRA
Daniele in procinto di ripartire per l’Italia.
Copyright PNRA

Ecco le risposte di Daniele

Innanzitutto ci sono problemi legati all’ipossia cioè legati alla mancanza di ossigeno (la base Concordia si trova alla quota di circa 3300 m sul livello del mare) quindi nei primi giorni tutti abbiamo avuto mal di testa e problemi di stomaco. Inoltre si hanno problemi a dormire perché durante la notte non riesci a respirare e, in generale, ti stanchi anche a fare piccoli lavori e movimenti. Anche fare le scale diventa difficile! Quando siamo tornati qui “al mare” (Mario Zucchelli Station e una base costiera) ho avvertito da subito una sensazione di leggerezza e un minore affaticamento nel fare le cose. Praticamente quello che succede agli atleti quando fanno allenamento in quota per aumentare i globuli rossi che trasportano ossigeno nel sangue.
Pensate che a Concordia nei primi mesi il cuore non scende mai sotto i 100 battiti (la normalità sarebbe 80) mentre in pochi giorni a MZS (Mario Zucchelli Station) il battiti sono tornati a valori normali.
E poi il freddo, un freddo intenso che rende tutto quello che devi fare enormemente più difficile.

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Per proteggersi dal freddo bisogna utilizzare dei particolari indumenti protettivi. Copyright PNRA.

Il rifornimento viene fatto nel periodo estivo con 3 traverse da 150 tonnellate ciascuna che trasportano carburante, cibo e attrezzature.

Una traversa, cioè mezzi cingolati atti al trasporto su neve. Le traverse partono dalla base costiera francese Dumont D'Urville per arrivare a Concordia in circa 15 giorni. Copyright PNRA.
Una traversa, cioè mezzi cingolati atti al trasporto su neve.
Le traverse partono dalla base costiera francese Dumont D’Urville per arrivare a Concordia in circa 15 giorni.
Copyright PNRA.

L’impianto di riscaldamento è di “cogenerazione” cioè il raffreddamento dei generatori elettrici viene usato come riscaldamento per la base.
All’interno della base si sta bene: la temperatura va dai 18 a 22 gradi e dipende dalle attività. Se ad esempio il calore a disposizione viene usato per scioglier la neve per fare acqua potabile la temperatura scende leggermente.

La neve sciolta rappresenta la fonte di acqua potabile e per gli usi comuni. Copyright PNRA.
La neve sciolta rappresenta la fonte di acqua potabile e per gli usi comuni.
Copyright PNRA.

Il combustibile usato è principalmente il gasolio. E’ un gasolio particolare che deve resistere a basse temperature e per questo è quasi interamente deidratato cioè con meno acqua possibile.
Ci sono diversi studi sulla fisiologia e psicologia dell’uomo nelle condizioni di buio protratto. L’impatto maggiore è l’assenza di vitamina D che si produce solo con esposizione al Sole e quindi va assunta via orale. A Concordia ci troviamo a vivere le condizioni degli astronauti che si trovano in stazioni spaziali orbitanti. Sono le condizioni degli astronauti. Infatti per avere maggiori informazioni riguardo questi studi potete visitare il sito dell’ESA dove c’è una parte dedicata proprio alle ricerche fatte a Concordia.
Il Trattato Antartico vieta di lasciare i rifiuti in Antartide, quindi c’è una forma di riciclaggio molto spinto. I rifiuti vengono differenziati e, messi in un containere, vengono riportati a casa (o Italia o Francia … ricordate che è una base italo-francese?).
L’acqua viene riciclata con sistema sviluppato dall’ ESA (Agenzia Spaziale Europea) che ricicla l’80% dell’acqua. Proprio per questo vengono usati saponi particolari.
Per lavarsi ci sono docce e bagni normali. L’unica regola che si deve rispettare è la brevità, vista la mancanza di acqua.
Durante il tempo libero si usano delle stanze dedicate dove ci sono delle attrezzature di svago. C’è una palestra, sale video, giochi di società. Ma il mio passatempo preferito era fare foto in esterna.

Sala tempo libero della Base Concordia. Copyright PNRA.
Sala tempo libero della Base Concordia.
Copyright PNRA.
Come dare torto a Daniele? Lo spettacolo del cielo stellato che offre Concordia è una meraviglia. Copyright PNRA:
Come dare torto a Daniele? Lo spettacolo del cielo stellato che offre Concordia è una meraviglia. Copyright PNRA.

E’ difficilissimo tenersi in contatto con il resto del mondo.
Viste le condizioni ambientali è proprio una condizione di estremo isolamento.

Grazie tante Daniele, buon rientro in Italia!

 

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che la ricerca abbia inizio…

E’ giunta l’ora di parlarvi del tipo di ricerca qui in Antartide a cui sono stata assegnata dal CSNA (Commissione Scientifica Nazionale per l’Antartide). Tenetevi forte perché si tratta di uno studio entusiasmante: una ricerca sulla foca di Weddell, animale che detiene un record: è infatti il mammifero che vive più a sud del mondo.

Il gruppo a cui sono stata affiancata è del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata ed è costituito da me, Arnold Rakaj biologo marino e Roberto Palozzi ricercatore esperto sulla foca di Weddell con diverse collaborazioni con scienziati americani.

Esistono diversi studi, soprattutto di ricercatori americani, su questo mammifero ma è la prima volta che il PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) inserisce un progetto su questo animale. Possiamo quindi considerarci dei veri pionieri!

Questa ricerca prevede una parte sul campo e una parte di laboratorio. Quando dico “sul campo” intendo sul pack, cioè il ghiaccio marino, dove in questo periodo (ottobre/ novembre) le foche femmine escono da buchi e fratture per poter partorire il loro cucciolo.

Le foche e i loro cuccioli saranno pesati e marcati con delle targhette che consentiranno successivamente di poterli riconoscere. Praticamente daremo un nome alle foche di Baia Terra Nova …

Sarà prelevato anche del materiale biologico (in maniera non invasiva) in modo da caratterizzarle anche dal punto di vista genetico (non mi addentro oltre nell’argomento, per ora).

Il vulcano Melbourne che fa da sfondo alla Tethys Bay. Copyright PNRA.
Il vulcano Melbourne che fa da sfondo alla Tethys Bay. Copyright PNRA.

Per poter testare i materiali che saranno utilizzati nel campo remoto, allestito sull’Isola di Kay Island al centro di Baia Terra Nova, ieri abbiamo fatto dei buchi nel pack di Tethys Bay proprio davanti la Stazione Mario Zucchelli … un vero invito a nozze per le foche che cercano questi fori per poter emergere a respirare…

Per ora accontentatevi di vedere il buco già fatto. In uno dei prossimi post vi farò vedere tutte le fasi.

Foro nel pack da cui si può osservare il cosiddetto "platelet ice" il cui colore dipende da materiale organico. Copyright PNRA.
Foro nel pack da cui si può osservare il cosiddetto “platelet ice” il cui colore dipende da materiale organico. Copyright PNRA.

Tra un po’ andiamo a controllare se qualche foca è uscita fuori da questi fori … non vedo l’ora!

 

Il viaggio (parte prima)

Nel post precedente andavo un po’ di fretta… ma ora che sono più tranquilla vi porto un po’ con me nel viaggio verso l’Antartide.
Inizio con un po’ di immagini della partenza.
Intanto ecco il gruppo che partiva con me al completo davanti al terminal dedicato esclusivamente ai voli per l’Antartide. E, visto che parenti ed amici dei partecipanti alla spedizione sono i miei più fedeli lettori, non vi risparmio i nomi.
Precisamente da sinistra verso destra:
Silvia, Daniele (fila in basso), Eugenio, Elena, Io (Alessia), Maurizio, Edo, Arnold, Antonio, Michele, Gianfranco, Francesco, Alessandro.
Accidenti…mancano Sandro ed Emanuele … stanno arrivando …. li vediamo a 100 metri di distanza con il loro bagaglio…troppo tardi per la foto…

Il gruppo davanti al terminal. Copyright PNRA
Il gruppo davanti al terminal. Copyright PNRA

Eccoci mentre saliamo nel L-100 (praticamente un C-130 modificato per i voli civili) del PNRA che con circa 7 ore di volo ci condurrà nel continente bianco dopo aver percorso circa 3000 Km.

Copyright PNRA
Copyright PNRA

E durante il viaggio … mentre meno te lo aspetti…arriva lei … l’Antartide, in tutta la sua bellezza. E allora capisci che questo post “doveva” essere diviso in due parti: prima e dopo…

Sopra la scala la capra campa…

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foto Alessia Cicconi, Copyright PNRA.

Questa esercitazione è stata particolarmente faticosa. Lo so che a vedere le foto direte “Che ci vuole a salire una scaletta!”, invece vi posso assicurare che se non si usa la tecnica giusta (e può capitare se uno lo fa per la prima volta) è una faticaccia incredibile come potete vedere dallo sforzo immane che sto facendo (vi risparmio il video, per ora).
Ora vi chiederete perché in Antartide una persona dovrebbe arrampicarsi su una scaletta, ho indovinato? Allora immaginate che per qualche ragione vi troviate a lavorare sul pack e che improvvisamente questo cominci a frantumarsi intorno a voi lasciandovi su una zattera di ghiaccio alla deriva -mi seguite, vero? -. Chiamate la Centrale Operativa della base e loro mandano un elicottero a recuperarvi. L’elicottero arriva, vi lancia la scaletta e a questo punto …dovete SALIRE!

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Uomo in mare…..(anzi donna) – Prima parte

L’ esercitazione di cui vi sto per parlare è stata entusiasmante anche se bisogna sperare di non doverla mai mettere in pratica.
Si tratta del recupero di una persona caduta in acqua. Ora… se cadiamo in acqua a San Benedetto del Tronto mentre stiamo andando placidamente sul pedalò, e chiaramente sappiamo nuotare, lo so … l’acqua può sembrarci “freddina” ma la persona che si trova con noi (mai andare da soli in mare…neanche a San Benedetto del Tronto!) ha tutto il tempo di recuperarci . Se ci troviamo in Antartide o giù di lì, le cose sono completamente diverse.
In Antartide, a causa della temperatura dell’acqua (circa 1-2 gradi sotto zero… in estate!) un uomo in acqua può sopravvivere circa 3 minuti anche se sa nuotare ( lo so che sembra difficile crederlo ma è così). Questo tempo si dilata a 20 minuti nel caso si indossino delle particolari tute (quelle che potete vedere nella foto).

Quando un uomo cade in mare a queste latitudini potrebbe esserci una sola occasione di prenderlo e tirarlo su in barca … bisogna quindi essere addestrati all’evenienza.
Ieri nel Lago Brasiamone, sotto un cielo grigio e piovoso, dieci uomini (anzi, 9 uomini ed una donna, cioè io) sono caduti in acqua e sono stati tutti recuperati!

LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO!

Ecco un assaggio delle prime giornate del bellissimo corso a cui sto partecipando.

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Tutti i partecipanti alla spedizione ricevono un addestramento per operare un primo soccorso nell’attesa che possa intervenire il personale medico sempre presente nelle stazioni. Foto fatta da Cicconi Alessia, Copyright PNRA

Il programma prevede interessanti lezioni in aula riguardanti l’Antartide in generale e il PNRA, cioè il  Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e lezioni pratiche. Nella logica che la sicurezza è sempre prioritaria uno dei primi argomenti che abbiamo trattato è stato inerente i problemi di salute e l’emergenza medica. Chiaramente in Antartide ci si ammala come in qualsiasi altra situazione ma ci sono delle peculiarità dovute alla particolare situazione ambientale. Ad esempio: provate ad indovinare quali sono statisticamente i maggiori problemi di salute nelle nostre basi in Antartide secondo i dati forniti dai medici che sono sempre presenti?
Di primo acchito il ragionamento porterebbe a pensare: “Antartide = freddo =  congelamento”  Risposta sbagliata. Il congelamento rappresenta una percentuale bassissima tra i problemi medici nelle basi. Invece, provate a pensare dove si muovono tutti quanti quando escono dalla base… ebbene si, sul ghiaccio. E, come insegna la fisica, sul ghiaccio si scivola …

Per non parlare del riverbero della luce sul ghiaccio e sulla neve (fenomeno che si chiama “albedo”) che può provocare problemi agli occhi se non correttamente protetti dagli occhiali da sole.
Insomma: l’ attenzione che nella vita di tutti giorni abbiamo per la nostra sicurezza in Antartide deve essere decuplicata.

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Inizia il corso di “SOPRAVVIVENZA”

Ci siamo. Sto per partire per il corso di preparazione obbligatorio per chi deve trascorrere un periodo nel continente antartico (il nome vero è “corso di addestramento ed ambientamento” ma da me chiamato fino a ieri “corso di sopravvivenza” forse perché spero in quella…).Il corso si svolge nell’arco di due settimane: una settimana sul Lago Brasimone (chi sa dov’è alzi la mano) ed una sul  Monte Bianco.

Tante “leggende” aleggiano su questo corso: non potremo usare i cellulari per simulare l’isolamento in Antartide … dovremo passare la notte sul ghiacciaio (cosa che per gli esperti di montagna è magari facile come uno schiocco di dita ma pensate per dei ricercatori … e non se la prendano i ricercatori esperti alpinisti, per carità!) … e tante altre storie.

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Giusto per creare un po’, come si dice, di suspance, vi dico che tra le cose che dobbiamo mettere nello zaino ci sono: fiammiferi (e voi direte: certo, per il fuoco! Ma allora, dico io, perché non un accendino?!); spago (cosa dovremo legare con lo spago?) e …. filo di ferro (mi sento già Mc Gyver … lo so, qui forse ho perso i lettori nati dal 1985 in poi .) ! Magari molti di voi sanno perfettamente a cosa serviranno tutte queste cose, ma sono sicura che tanti altri muoiono dalla curiosità di saperlo … e allora non dovete fare altro che continuare a  seguire il mio blog.

Nei limiti del possibile vi terrò informati su quello che accadrà in questi giorni.