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Gradisca…l’Antartide!

Scusate il gioco di parole forse un po’ scontato ma mi è venuto spontaneo farlo pensando che sono stata invitata a raccontare la mia esperienza nel continente di ghiaccio nelle classi IVA e IVB della Scuola Primaria Dante Alighieri di Gradisca d’Isonzo (GO).

I fantastici alunni e le meravigliose insegnanti Angela, Antonella e Lorella mi hanno preparato una splendida accoglienza. Pensate che mi hanno donato un bellissimo opuscolo tutto “fatto in casa” sull’Antartide con informazioni scientifiche e attività didattiche! Ho capito subito di essere di fronte, senza il minimo dubbio, a due classi “polari”!

Grazie di cuore ... questo mi hanno scritto gli alunni sull'ultima pagina dell'opuscolo con tutte le loro firme. Ci è mancato poco che mi mettessi a piangere! Grazie di cuore a voi!
Grazie di cuore … questo mi hanno scritto gli alunni sull’ultima pagina dell’opuscolo, e poi tutte le loro firme. Ci è mancato poco che mi mettessi a piangere! Grazie di cuore a voi!

La presentazione sulla mia esperienza a Mario Zucchelli Station è stata seguitissima.  L’argomento più gettonato è stato proprio uno dei miei preferiti: la foca di Weddell. In effetti è difficile non innamorarsi di questo incredibile animale su cui ho avuto la fortuna di lavorare.

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E … finita la presentazione ho autografato almeno 30 opuscoli!

 

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Che dire: troppe emozioni per una mattinata sola!

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Antartide chiama … chiama … Ascoli Piceno

Qualche sera fa (mattina per voi tutti amici del fuso +1) durante la videoconferenza con le scuole ho finalmente risentito i “suoni di casa”. Infatti, in collegamento con Mario Zucchelli Station, c’era l’ITS Mazzocchi di Ascoli Piceno, la mia bellissima città natale.

I ragazzi, guidati dai loro disponibilissimi insegnanti che ho avuto modo di conoscere prima della mia partenza per il continente di ghiaccio,  hanno tempestato di domande interessanti, talvolta impegnative, i ricercatori presenti in base. Questo post è dedicato proprio ad una di queste domande riguardo gli adattamenti al freddo e al nuoto degli animali antartici.

Ci sarebbe da scrivere un libro sull’argomento quindi “FOCAlizziamoci” sugli adattamenti della nostra beniamina e cioè la foca di Weddell.

Mamma e cucciolo. Copyright PNRA.
Mamma e cucciolo. Copyright PNRA.

“Per resistere alle lunghe immersioni nelle fredde acque antartiche “ ci spiega Arnol Rakaj del gruppo di ricerca sulle foche di Weddell dell’Università di Torvergata ” le foche ricorrono a particolari adattamenti. Oltre alla presenza della pelliccia, il più importante è quello dello strato di grasso (blubber) superiore ai 5 cm che avvolge l’animale. Questo strato forma un vero e proprio involucro che isola l’animale dall’ ambiente esterno; contemporaneamente, la massa grassa svolge anche la funzione di riserva energetica per i periodi in cui la caccia è meno favorevole.”

Lo strato di grasso sottocutaneo in una foca di Weddell può raggiungere anche i 10 cm. Credit: Jennifer Burns
Lo strato di grasso sottocutaneo in una foca di Weddell può raggiungere anche i 10 cm. Credit: Jennifer Burns

“Anche la forma tondeggiante del corpo dell’animale” continua Arnold “risulta essere il migliore compromesso tra superfice/volume, caratteristica questa tipica di molti animali endotermi dei climi freddi.”

Le foche di Weddell sono animali "ciccioni". Il loro strato di grasso li protegge dalla dispersione di calore. Copyright PNRA.
Le foche di Weddell sono animali “ciccioni”. La loro forma tondeggiante riduce la superficie rispetto al volume diminuendo la dispersione di calore.  Copyright PNRA.

“Un ultimo ma non meno importante adattamento morfologico è costituito dai turbinati nasali (complesse introflessioni della cavità nasale) i quali consentono all’animale di ridurre al minimo la dispersione termica durante la respirazione in un ambiente estremo come è l’Antartide.”

Turbinati nasali molto articolati della foca di Weddell.
Turbinati nasali molto articolati della foca di Weddell. Credit: Jennifer Burns.

“Per quanto riguarda gli adattamento al nuoto e al mondo sommerso le strategie messe in atto sono anche più complesse e articolate” ci dice il nostro ricercatore “Questi animali si immergono per lunghi intervalli di tempo (superiori a 80 min) a  profondità notevoli (904 m registrati nel 2008).”

“Al contrario di quello che si può pensare le riserve polmonari non costituiscono la principale riserva d’ossigeno della foca per le lunghe immersioni. Infatti, per immagazzinare l’ossigeno, le foche possono contare su una notevole quantità di sangue che arriva a costituire il 20% del volume corporeo totale (rispetto 7-8% nel caso di noi umani). Il loro sangue, inoltre, è anche molto più denso e ricco in emoglobina rispetto al nostro e  può costituire, così, una consistente riserva di ossigeno.”

Percentuale di volume corporeo costituito dal sangue.
Percentuale di volume corporeo costituito dal sangue.

“Anche i muscoli contribuiscono, grazie ad una notevole quantità di mioglobina (proteina presente nel tessuto muscolare), ad aumentare la quantità di ossigeno disponibile”

Un sentito grazie ad Arnold Rakaj, giovane e promettente ricercatore con cui ho lavorato durante questo periodo a MZS, e grazie anche agli insegnanti e agli allievi dell’ITS Mazzocchi di  che con il loro interesse hanno portato un po’ di Antartide ad Ascoli Piceno.

Grazie ai ragazzi dell'ITS Mazzocchi riesco a fare un "tributo" dovuto ad una delle piazze più belle d'Italia ( e non penso di essere di parte!).
Grazie ai ragazzi dell’ITS Mazzocchi riesco a fare un “tributo” dovuto ad una delle piazze più belle d’Italia ( e non penso di essere di parte!).
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Adorabile foca di Weddell!

Questo post è dedicato ai ragazzi della classe “polare” IIIB dell’Istituto Comprensivo “Antonio Fogazzaro”  di Como Rebbio che, guidati dalla Prof.ssa Maria Cira Veneruso, docente polare con esperienza antartica, mi hanno inviato delle domande riguardo la foca di Weddell.

Marlon mi chiede se le foche che sto studiando sono a rischio estinzione.

Le foche di Weddell, fortunatamente, non sono a rischio estinzione. L’organismo che si preoccupa di stabilire se una specie è o non a rischio si chiama IUCN (International Union of Conservation of Nature). La classificazione del rischio è questa.

ESTINTE estinta del tutto
estinta in natura
MINACCIATE in pericolo critico
in pericolo
vulnerabile
A BASSO RISCHIO quasi minacciata
minor preoccupazione

 

La foca di Weddell, per ora, non dà “nessuna preoccupazione”!

Niccolò mi chiede se  ho dormito qualche notte in un campo esterno alla base.

Si. Per questo puoi andare a leggere questo post dove spiego  e faccio vedere  un “campo remoto”.

Campo remoto a Key Island allestito per studiare le foche di Weddell lì presenti. Copyright PNRA.
Campo remoto a Key Island allestito per studiare le foche di Weddell lì presenti. Copyright PNRA.

La domanda di Salem è questa: l’inquinamento del pianeta ed il suo riscaldamento hanno già avuto qualche effetto sulla vita delle foche?

Per ora sembrerebbe di no ma sarebbero necessari studi più approfonditi.

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Imen mi domanda quanto pesano e quanto sono grandi le foche che ho incontrato.

Certamente la taglia di una foca dipende dalla sua età e dal suo sesso. Sicuramente gli organismi più grandi che ho visto sono i maschi adulti, le femmine gravide e anche quelle che hanno appena partorito. Queste, infatti, possiedono riserve di grasso tali da permettere loro di non nutrirsi per diverse settimane mentre allattano il piccolo sul pack. Nella mia esperienza ho visto individui anche di oltre 2 metri e dal peso di oltre 500 kg. Le femmine durante l’allattamento perdono gran parte del loro peso corporeo (anche 100 kg in 3 settimane); il cucciolo, e questa è veramente una cosa fantastica da vedere, cresce a “vista d’occhio” di circa 2 kg al giorno per i primi mesi.

Mamma e cucciolo: sempre insieme per circa 8 settimane cioè il tempo di allattamento e di muta del pelo da parte del piccolo. Copyright PNRA.
Mamma e cucciolo: sempre insieme per circa 8 settimane cioè il tempo di allattamento e di muta del pelo da parte del piccolo. Copyright PNRA.

Sempre Imen mi chiede se ho visto partorire una foca?

Purtroppo no, ho visto però cuccioli appena nati ancora con il cordone ombelicale attaccato.

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Lo so, cari studenti della IIIB, che avete inviato anche altre interessanti domande. Vi risponderò in qualche prossimo post. Voi continuate ad interessarvi alla Favolosa Antartide!

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Non dire “foca” se non ce l’hai nel sacco!

Ebbene si: ho giocato con il detto “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”! Ma credetemi :appena avrete finito di leggere questo post e visto le immagini vi renderete conto di quanto ho ragione.

Intanto considerate che una foca di Weddell adulta può pesare oltre 500 kg quindi per poterla catturare e posizionare le targhette di riconoscimento, senza dover utilizzare un’anestesia che potrebbe risultare invasiva per l’animale, l’unico modo è cercare di immobilizzarla con l’ausilio di un sacco. Infatti, una volta “finita nel sacco” la foca si calma e i ricercatori possono fare il loro lavoro. Il tutto dura pochissimi minuti e risulta molto meno fastidioso per l’animale rispetto al sistema che ricorre all’anestesia. Inoltre, in questo modo, il cucciolo e la madre non si separano mai.

Una coppia mamma-cucciolo sul pack. Per la ricerca che stiamo effettuando è importante pesarli per poi valutare le differenze di peso in una seconda valutazione che verrà effettuata dopo circa un paio di settimane. Copyright PNRA.
Una coppia mamma-cucciolo sul pack. Per la ricerca che stiamo effettuando è importante pesarli per poi confrontare le differenze di peso in una seconda valutazione che verrà effettuata dopo circa un paio di settimane. Copyright PNRA.
L'unico modo per far calmare la foca, senza addormentarla, per poterle applicare le targhette di riconoscimento, è infilarle la testa in un cappuccio, un'operazione che dura pochi minuti. Copyright PNRA.
L’unico modo per far calmare la foca, senza addormentarla, per poterle applicare le targhette di riconoscimento, è infilarle la testa in un cappuccio; un’operazione che dura pochi minuti. Copyright PNRA.
Foca "incappucciata" per permettere ai ricercatori di effettuare il loro lavoro. Mentre viene targata la mamma il cucciolo rimane sempre attorno agli operatori senza allontanarsi. Copyright PNRA.
Foca “incappucciata” per permettere ai ricercatori di effettuare il loro lavoro. Mentre viene targata la mamma, il cucciolo rimane sempre attorno agli operatori senza allontanarsi. Copyright PNRA.
Per il cucciolo spesso non serve il cappuccio. Basta immobilizzarlo per qualche secondo ... con tutta la dolcezza che questi piccoli ispirano. Copyright PNRA.
Per il cucciolo spesso non serve il cappuccio. Basta immobilizzarlo per qualche secondo … con tutta la dolcezza che questi piccoli ispirano. Copyright PNRA.
Quando si "lavora" sul cucciolo qualcuno deve tenere a bada le mamme che sono molto protettive. Per questo si usa una tavola di legno che, coprendole per pochi minuti la vista del suo piccolo, la dissuada dal "correre" verso di lui.Copyright PNRA.
Quando si “lavora” sul cucciolo qualcuno deve tenere a bada le mamme che sono molto protettive. Per questo si usa una tavola di legno che coprendo per qualche minuto la vista del piccolo dissuada la mamma dal “correre” verso di lui. Copyright PNRA.
Alla fine di tutta la procedura ci accertiamo sempre che mamma e cucciolo tornino insieme. Copyright PNRA.
Al termine di tutta la procedura ci accertiamo sempre che mamma e cucciolo tornino insieme. Sarebbe deleterio per un cucciolo perdere la mamma, fonte unica della sua alimentazione per diverse settimane. Copyright PNRA.
Quello che oramai è chiamato "il gruppo foche" (Giorgio, Arnold, Roberto, Sergio (medico della base venuto farci "visita" al campo remoto), Fedele ed io. Copyright PNRA.
Quello che oramai è chiamato “il gruppo foche” (Giorgio, Arnold, Roberto, Sergio (medico della base venuto farci “visita” al campo remoto), Fedele ed io. Copyright PNRA.
Campo remoto a Key Island allestito per studiare le foche di Weddell lì presenti. Copyright PNRA.

campo remoto: cosa sarà mai?!

Cosa è un campo remoto?  Vi chiederete, vero?!

Ve lo spiego subito: ogni volta che i ricercatori devono effettuare i loro studi in siti lontani dalla base viene allestito nel luogo in questione un “campo remoto” che altro non è che una tenda più grande del solito, dove si dovrà dormire, mangiare, lavarsi … insomma convivere in un piccolo spazio.

Quel puntino sul pack che vedete è la tenda del nostro campo remoto. Copyright PNRA
Quel puntino sul pack che vedete è la tenda del nostro campo remoto. Copyright PNRA.

Diciamo che l’esperienza del campo remoto mette alla prova non solo la resistenza fisica per chi, come noi (e non provate a negarlo…) è abituato ad avere tutte le comodità ma anche quella psicologica. E’ infatti fondamentale che il gruppo che vive questa convivenza sia costituito da persone che cerchino di andare d’accordo tra loro lasciando da parte personalismi e pretese e facendo di tolleranza e disponibilità le parole d’ordine.

Interno della tenda. Scusate il disordine: siamo appena arrivati. Copyright PNRA
Interno della tenda. Scusate il disordine: siamo appena arrivati. Copyright PNRA

Ci sono anche dei risvolti umani, a volte, imprevedibili: si possono allacciare bellissimi rapporti con persone che a MZS (Mario Zucchelli Station), in mezzo a tante altre, spesso non hai la possibilità di conoscere bene e costruisci dei ricordi basati su emozioni che sai che solo con quelle persone potrai condividere.

Tutti collaborano per la riuscita del campo: chi cucina, chi lava i piatti, chi riordina. Proprio come in una piccola comunità. Copyright PNRA.
Tutti collaborano per la riuscita del campo: chi cucina, chi lava i piatti, chi riordina. Proprio come in una piccola comunità. Copyright PNRA.
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che la ricerca abbia inizio…

E’ giunta l’ora di parlarvi del tipo di ricerca qui in Antartide a cui sono stata assegnata dal CSNA (Commissione Scientifica Nazionale per l’Antartide). Tenetevi forte perché si tratta di uno studio entusiasmante: una ricerca sulla foca di Weddell, animale che detiene un record: è infatti il mammifero che vive più a sud del mondo.

Il gruppo a cui sono stata affiancata è del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata ed è costituito da me, Arnold Rakaj biologo marino e Roberto Palozzi ricercatore esperto sulla foca di Weddell con diverse collaborazioni con scienziati americani.

Esistono diversi studi, soprattutto di ricercatori americani, su questo mammifero ma è la prima volta che il PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) inserisce un progetto su questo animale. Possiamo quindi considerarci dei veri pionieri!

Questa ricerca prevede una parte sul campo e una parte di laboratorio. Quando dico “sul campo” intendo sul pack, cioè il ghiaccio marino, dove in questo periodo (ottobre/ novembre) le foche femmine escono da buchi e fratture per poter partorire il loro cucciolo.

Le foche e i loro cuccioli saranno pesati e marcati con delle targhette che consentiranno successivamente di poterli riconoscere. Praticamente daremo un nome alle foche di Baia Terra Nova …

Sarà prelevato anche del materiale biologico (in maniera non invasiva) in modo da caratterizzarle anche dal punto di vista genetico (non mi addentro oltre nell’argomento, per ora).

Il vulcano Melbourne che fa da sfondo alla Tethys Bay. Copyright PNRA.
Il vulcano Melbourne che fa da sfondo alla Tethys Bay. Copyright PNRA.

Per poter testare i materiali che saranno utilizzati nel campo remoto, allestito sull’Isola di Kay Island al centro di Baia Terra Nova, ieri abbiamo fatto dei buchi nel pack di Tethys Bay proprio davanti la Stazione Mario Zucchelli … un vero invito a nozze per le foche che cercano questi fori per poter emergere a respirare…

Per ora accontentatevi di vedere il buco già fatto. In uno dei prossimi post vi farò vedere tutte le fasi.

Foro nel pack da cui si può osservare il cosiddetto "platelet ice" il cui colore dipende da materiale organico. Copyright PNRA.
Foro nel pack da cui si può osservare il cosiddetto “platelet ice” il cui colore dipende da materiale organico. Copyright PNRA.

Tra un po’ andiamo a controllare se qualche foca è uscita fuori da questi fori … non vedo l’ora!