Questo post è dedicato alla classe “polare” III dell’Istituto Comprensivo “B. Citriniti” di Soveria Simeri (Catanzaro) che mi ha inviato le foto di una bellissima attività su uno degli argomenti più affascinanti di cui ci si possa interessare: l’esplorazione dell’Antartide.
Lo so, avrei dovuto pubblicarlo l’altro ieri… ma meglio tardi che mai! Infatti il 14 dicembre del 1911 l’esploratore Roald Amundsen raggiungeva, primo nel mondo, il polo Sud geografico seguito, circa un mese dopo, da un altro esploratore polare, Robert Falcon Scott tragicamente morto durante la via del ritorno con gli altri componenti della spedizione. La storia di queste due spedizioni è raccontata in decine di libri oltre che dai diari degli stessi partecipanti. Inoltre la macchina fotografica e la videocamera erano già in uso agli inizi del ‘900 e c’era sempre un fotografo a documentare questi viaggi di esplorazione. Questo ci consente di “vedere in faccia” i protagonisti di queste vicende e di sentirli, come dire, più “veri”.
Ma non finisce qui l’interesse di questa fantastica classe “polare” per il nostro continente preferito. Guardate, sempre guidati dalla loro insegnante Donata Perri, che cosa hanno realizzato. E quando la creatività e la scienza si incontrano viene sempre fuori qualcosa di “fabulous”!!!
Qualche sera fa (mattina per voi tutti amici del fuso +1) durante la videoconferenza con le scuole ho finalmente risentito i “suoni di casa”. Infatti, in collegamento con Mario Zucchelli Station, c’era l’ITS Mazzocchi di Ascoli Piceno, la mia bellissima città natale.
I ragazzi, guidati dai loro disponibilissimi insegnanti che ho avuto modo di conoscere prima della mia partenza per il continente di ghiaccio, hanno tempestato di domande interessanti, talvolta impegnative, i ricercatori presenti in base. Questo post è dedicato proprio ad una di queste domande riguardo gli adattamenti al freddo e al nuoto degli animali antartici.
Ci sarebbe da scrivere un libro sull’argomento quindi “FOCAlizziamoci” sugli adattamenti della nostra beniamina e cioè la foca di Weddell.
“Per resistere alle lunghe immersioni nelle fredde acque antartiche “ ci spiega Arnol Rakaj del gruppo di ricerca sulle foche di Weddell dell’Università di Torvergata ” le foche ricorrono a particolari adattamenti. Oltre alla presenza della pelliccia, il più importante è quello dello strato di grasso (blubber) superiore ai 5 cm che avvolge l’animale. Questo strato forma un vero e proprio involucro che isola l’animale dall’ ambiente esterno; contemporaneamente, la massa grassa svolge anche la funzione di riserva energetica per i periodi in cui la caccia è meno favorevole.”
“Anche la forma tondeggiante del corpo dell’animale” continua Arnold “risulta essere il migliore compromesso tra superfice/volume, caratteristica questa tipica di molti animali endotermi dei climi freddi.”
“Un ultimo ma non meno importante adattamento morfologico è costituito dai turbinati nasali (complesse introflessioni della cavità nasale) i quali consentono all’animale di ridurre al minimo la dispersione termica durante la respirazione in un ambiente estremo come è l’Antartide.”
“Per quanto riguarda gli adattamento al nuoto e al mondo sommerso le strategie messe in atto sono anche più complesse e articolate” ci dice il nostro ricercatore “Questi animali si immergono per lunghi intervalli di tempo (superiori a 80 min) a profondità notevoli (904 m registrati nel 2008).”
“Al contrario di quello che si può pensare le riserve polmonari non costituiscono la principale riserva d’ossigeno della foca per le lunghe immersioni. Infatti, per immagazzinare l’ossigeno, le foche possono contare su una notevole quantità di sangue che arriva a costituire il 20% del volume corporeo totale (rispetto 7-8% nel caso di noi umani). Il loro sangue, inoltre, è anche molto più denso e ricco in emoglobina rispetto al nostro e può costituire, così, una consistente riserva di ossigeno.”
“Anche i muscoli contribuiscono, grazie ad una notevole quantità di mioglobina (proteina presente nel tessuto muscolare), ad aumentare la quantità di ossigeno disponibile”
Un sentito grazie ad Arnold Rakaj, giovane e promettente ricercatore con cui ho lavorato durante questo periodo a MZS, e grazie anche agli insegnanti e agli allievi dell’ITS Mazzocchi di che con il loro interesse hanno portato un po’ di Antartide ad Ascoli Piceno.
Questo post è dedicato ad alcune classi, rispettivamente una prima e due seconde, dell’Istituto Tecnico ad indirizzo economico dell’IIS “A. Vespucci” di Livorno, assolutamente delle “classi polari”!
Pensate che gli studenti di queste classi, guidati dall’ insegnante “polare” Marianna Daniele stanno addirittura “facendo lezione” a studenti di scuola secondaria di primo grado realizzando quello che per gli addetti ai lavori della scuola si chiama “curriculo verticale”.
Ebbene sì, le scienze polari sono così affascinanti che conquistano grandi e piccoli e si prestano quindi a fare da “ponte” tra diversi ordini di scuola.
La professoressa Marianna Daniele, nella mail che mi scrive, mi invita ad una giornata “Fabulous” (proprio così l’ha chiamata) che vorrebbe organizzare nella sua scuola. Questo nome mi piace talmente tanto che non posso fare altro che accettare!
Questo post è dedicato ai ragazzi della classe “polare” IIIB dell’Istituto Comprensivo “Antonio Fogazzaro” di Como Rebbio che, guidati dalla Prof.ssa Maria Cira Veneruso, docente polare con esperienza antartica, mi hanno inviato delle domande riguardo la foca di Weddell.
Marlon mi chiede se le foche che sto studiando sono a rischio estinzione.
Le foche di Weddell, fortunatamente, non sono a rischio estinzione. L’organismo che si preoccupa di stabilire se una specie è o non a rischio si chiama IUCN (International Union of Conservation of Nature). La classificazione del rischio è questa.
ESTINTE
estinta del tutto
estinta in natura
MINACCIATE
in pericolo critico
in pericolo
vulnerabile
A BASSO RISCHIO
quasi minacciata
minor preoccupazione
La foca di Weddell, per ora, non dà “nessuna preoccupazione”!
Niccolò mi chiede se ho dormito qualche notte in un campo esterno alla base.
Si. Per questo puoi andare a leggere questo post dove spiego e faccio vedere un “campo remoto”.
La domanda di Salem è questa: l’inquinamento del pianeta ed il suo riscaldamento hanno già avuto qualche effetto sulla vita delle foche?
Per ora sembrerebbe di no ma sarebbero necessari studi più approfonditi.
Imen mi domanda quanto pesano e quanto sono grandi le foche che ho incontrato.
Certamente la taglia di una foca dipende dalla sua età e dal suo sesso. Sicuramente gli organismi più grandi che ho visto sono i maschi adulti, le femmine gravide e anche quelle che hanno appena partorito. Queste, infatti, possiedono riserve di grasso tali da permettere loro di non nutrirsi per diverse settimane mentre allattano il piccolo sul pack. Nella mia esperienza ho visto individui anche di oltre 2 metri e dal peso di oltre 500 kg. Le femmine durante l’allattamento perdono gran parte del loro peso corporeo (anche 100 kg in 3 settimane); il cucciolo, e questa è veramente una cosa fantastica da vedere, cresce a “vista d’occhio” di circa 2 kg al giorno per i primi mesi.
Sempre Imen mi chiede se ho visto partorire una foca?
Purtroppo no, ho visto però cuccioli appena nati ancora con il cordone ombelicale attaccato.
Lo so, cari studenti della IIIB, che avete inviato anche altre interessanti domande. Vi risponderò in qualche prossimo post. Voi continuate ad interessarvi alla Favolosa Antartide!
Quale miglior modo per “festeggiare” l’Antarctica Day se non quello trovato da alcune classi del Liceo “N. Copernico” di Prato che alle 11 (ora italiana) del primo dicembre dopo una mattinata di seminari incentrati sul continente di ghiaccio, si sono collegate direttamente con la Stazione Mario Zucchelli a Baia Terra Nova per una videoconferenza.
Molti ricercatori e personale logistico della base si sono mobilitati per partecipare a questo evento di divulgazione della ricerca italiana in Antartide proprio nel giorno in cui si ricorda la firma del Trattato Antartico avvenuta, appunto, il primo di dicembre del 1959 e che vede iniziative del genere organizzate in tutto il mondo da Università e associazioni che si occupano di ricerca polare.
Un grazie particolare alla Professoressa Maddalena Macario, docente polare, che ha organizzato questa giornata “freez-ante”
Il 29 novembre a Baia Terra Nova si è giocato in casa. Infatti il video collegamento effettuato con l’Italia ha visto dall’altra parte dello schermo docenti di scuola secondaria che si trovavano in quello che può essere considerato un pezzo di Antartide in Italia : il Museo Nazionale dell’Antartide nella sede di Trieste. L’occasione è stato un workshop per docenti organizzato nell’ambito del progetto VALFLU e che ha previsto un collegamento con MZS (Mario Zucchelli Station).
L’Incontro tra il mondo della scuola e quello della ricerca scientifica sta diventando un vero e proprio “cavallo di battaglia” per il mondo “polare”. Anche la mia partecipazione alla XXX spedizione italiana in Antartide si inserisce in questo nuovo modo di pensare la divulgazione della ricerca e cioè fare degli insegnanti di scuola primaria e secondaria i “portavoce” privilegiati per portare a conoscenza di queste tematiche il maggior numero di studenti possibile. Studenti che, si spera, un giorno diventeranno cittadini consapevoli dell’importanza della ricerca scientifica e del suo ruolo cruciale nello sviluppo del nostro Paese.
Questo post è dedicato alle classi IA e IB dell’Istituto “Vacchelli” di Cremona che, con la loro insegnante Maria Laura Beltrami, stanno lavorando attivamente sulle Scienze Polari.
Tra le loro domande ce ne è una a cui rispondo con questo post così approfitto per tranquillizzare mia madre, i miei amici e alcuni miei studenti (cara IV i che si preoccupa per la sua prof!): cosa mangiamo qui in Antartide?
Vi dico subito che se state cercando il miglior ristorante sulla faccia della Terra è proprio qui che dovete venire: alla Stazione Mario Zucchelli (MZS) a Baia Terra Nova. Lo so, non è proprio dietro l’angolo … peccato!
All’Antica Porperia, così è stata battezzata la “cucina” di di MZS è come avere un piccolo angolo d’Italia nel luogo più lontano dalla nostra patria che si possa immaginare. Un angolo fatto di sapori e profumi e per dimostrarvelo vi allego due esempi di menù che gli “abitanti” di MZS si trovano all’ingresso della mensa.
Come vi ho già raccontato in altri post, in questo luogo dove non esistono dì e notte è facile perdere la nozione del tempo e la cucina scandisce il ritmo non solo delle giornate ma anche delle settimane. Tutti i sabati si mangia la pizza e questa è entrata di diritto nel “gergo” della base (quale piccola comunità non ne crea uno proprio?!) come unità di misura del tempo. Non è inusuale ascoltare conversazioni come queste: “Da quanto sei arrivato in base?” ” Da due pizze” ( due settimane..)!
Grazie Emanuele, Luigi e Franco … siete fortissimi!
Nella posta di Fabant ho ricevuto questa richiesta.
Vi allego anche l’articolo che mi è stato spedito.
Chiaramente dopo aver ricevuto questa domanda ho cominciato a chiedere in giro ai vari ricercatori dell’ambito “glaciologia” e “cambiamenti climatici” e facendo una sintesi di quello che è mi è stato detto è venuto fuori questo che vi scrivo di seguito.
Riallacciandosi alle ultime frasi dell’articolo i ricercatori sono d’accordo nel dire che quello misurato è un andamento di soli 30 anni e che la stessa cosa potrebbe essersi ripetuta altre migliaia di volte nella storia della Terra che, come oramai chiaro, ha vissuto cicli di raffreddamento e riscaldamento.
Non esiste in realtà una risposta univoca. Sicuramente la temperatura non è necessariamente l’unico parametro da prendere in considerazione. Ad esempio in un solo giorno, come è accaduto appunto intorno al 10 ottobre, a causa di forti venti catabatici è stato calcolato dalle immagini da satellite che il pack è aumentato di oltre 50.000 km quadrati (Sicilia e Sardegna insieme). Per contro, quest’anno, in Artide è stata registrata una delle minori estensioni del pack da quando esistono le misurazioni.
Rimanendo alle nostre latitudini, per fare un esempio di come l’estensione del ghiaccio non sia correlata solo negativamente con la temperatura ( cioè maggiore temperatura=minore ghiaccio) come si potrebbe pensare intuitivamente, si pensi che piccoli ghiacciai delle Alpi Orientali in anni caldi hanno aumentato la loro estensione. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che alte temperature (in situazione di clima freddo) possono portare ad un aumento delle precipitazioni nevose che accumulandosi ingrandiscono i ghiacciai.
Come vedete parlare di cambiamento climatico, estensione dei ghiacci e così via è veramente complesso! Le ricerche che si svolgono qui in Antartide cercano di trovare la chiave per risolvere tanti interrogativi e dipanare molti dubbi riguardo il grande sistema complesso che è l’Ecosistema Terra.
Grazie agli alunni della IIA della Scuola Primaria “Trento e Trieste” di Cremona e alle loro insegnanti Monica Boccoli e Simonetta Anelli che sono veramente attivissime nelle scienze polari.
Grande fermento in sala operativa qualche sera fa. Quasi una decina tra ricercatori, logisti, informatici per rispondere ad un pubblico d’eccezione: le classi terze A,B,C della Scuola Primaria “D. Moro”- ICS “Capponi” di Via Pescarenico , Milano.
E’ iniziato così la serie di videoconferenze tra la base Mario Zucchelli in Antartide e le scuole aderenti al progetto.
Domande su animali antartici, condizioni meteorologiche, cambiamenti climatici hanno impegnato tutti i presenti letteralmente “incantati” da un pubblico di studenti in “erba” preparatissimi sull’argomento grazie anche alla lezione, fatta prima della partenza per il continente di ghiaccio da uno dei partecipanti alla spedizione, il vigile del fuoco Claudio Sambrini nell’ambito del progetto Adotta Una Scuola Dall’Antartide.
Un momento di stupore da parte di tutti i presenti quando un volatile si è posato sul ballatoio della sala operativa e mostrato in diretta ai bambini si è sentito un corale “E’ uno Skua! ”… (Penso che non sia così facile che in Italia tanti bambini sappiano dell’esistenza di questo uccello!!!)
Cosa dire a questi piccoli già appassionati di Antartide se non “continuate cosi!”
Un ringraziamento anche a tutti coloro che mi hanno dato una mano: Piero, Christian, Marco C., Alessio, Arnold, Marco F., Giuseppe, Emanuele, Egidio, Edoardo, Daniele, Claudio.
Ci siamo. Le scuole FabAnt sono definitivamente decollate. Ecco alcune delle attività svolte dai temerari studenti polari. E una iniziativa per docenti
All’IIS Vespucci di Livorno sotto la guida della Prof Marianna Daniele gli studenti hanno lavorato al progetto didattico “Penguinwacth” che con un metodo ludico ma anche scientificamente rigoroso è riuscito ad avvicinare i ragazzi alla ricerca scientifica . Gli studenti hanno sviluppato non solo competenze strettamente legate al tema biologico ma anche competenze più ampie e trasversali (cittadinanza attiva, TIC, CLIL…).
A Cremona invece i ragazzi della 2°A della scuola “Trento Trieste” sotto la guida delle Prof.sse Monica Boccoli e Simonetta Anelli, hanno deciso di utilizzare FabAnt per studiare l’acqua e il ghiaccio in tutte le loro forme, realizzando anche un simpatico video.
Vi ricordo che se mi volete mandare foto delle vostre attività nelle scuole, devo applicare alcune regole elementari di privacy. Quindi potrò pubblicare solo le immagini (o i video) in cui non sono visibili volti di studenti a meno che non siano maggiorenni oppure mi facciate avere una liberatoria alla pubblicazione di tale materiale.
Sei alla ricerca di una idea di attività o laboratorio polare da fare in classe? Scrivimi. Ho montagne, anzi iceberg, di laboratori pronti da svolgere.
Attività svolta nell’ambito del Protocollo di intesa fra MIUR e MNA per diffondere le conoscenze scientifiche sulle regioni polari agli studenti di scuola secondaria e con la collaborazione del PNRA