Questo post è dedicato alla “mitica” IIIA dell’I.C. “B Citriniti” di Soveria Simeri e alla loro Professoressa Donata Perri, che nella posta di Fabant qualche settimana fa mi hanno chiesto di misurare l’ombra di un bastone lungo un metro a mezzogiorno qui in Antartide.
Vi starete chiedendo il perché questa richiesta, non è vero? La risposta è che la nostra IIIA sta partecipando ad un progetto che coinvolge scuole di tutto il mondo che si chiama “Sun Shadow” proposto dal Museo Nazionale dell’Antartide e dalla belga International Polar Foundation.
I ragazzi misurano l’ombra di uno “gnomone” a mezzogiorno in determinati giorni dell’anno e inseriscono i dati in un archivio mondiale.
Ma non è finita: servendosi di un quadrante, i ragazzi misurano l’altezza del Sole , cioè l’angolo tra il piano dell’orizzonte e la nostra stella.
Queste misurazioni, ripetute diverse volte durante l’anno, consentono di costruire dei grafici che aiutano gli studenti a capire le relazioni tra movimenti del Sole, latitudine, irraggiamento, alternanza delle stagioni.
E come potevo tirarmi indietro alla richiesta di una classe “polare” così motivata?!
E allora eccomi alle 12:03 del 21 dicembre (giusto per la cronaca: quasi il momento esatto del solstizio d’estate per chi come me si trova nell’emisfero australe, solstizio d’inverno per chi si trova in quello boreale) a misurare l’ombra dello gnomone.
Nella foto sopra mi trovo al campo remoto di Edmonson Point dove vive una colonia di Pinguini di Adelia oggetto di una ricerca a lungo termine del PNRA (Programma Nazionale di Ricerca in Antartide).
E per finire vi invio le coordinate del punto in cui ho preso la misura.
Ops …stavo dimenticando la misura: l’ombra proiettata dallo gnomone era lunga 120,5 cm.
Grazie ancora ai ragazzi di Soveria Simeri e se volete saperne di più sull’attività “Sun Shadow” cliccate qui.
Questo post è dedicato alla classe “polare” III dell’Istituto Comprensivo “B. Citriniti” di Soveria Simeri (Catanzaro) che mi ha inviato le foto di una bellissima attività su uno degli argomenti più affascinanti di cui ci si possa interessare: l’esplorazione dell’Antartide.
Lo so, avrei dovuto pubblicarlo l’altro ieri… ma meglio tardi che mai! Infatti il 14 dicembre del 1911 l’esploratore Roald Amundsen raggiungeva, primo nel mondo, il polo Sud geografico seguito, circa un mese dopo, da un altro esploratore polare, Robert Falcon Scott tragicamente morto durante la via del ritorno con gli altri componenti della spedizione. La storia di queste due spedizioni è raccontata in decine di libri oltre che dai diari degli stessi partecipanti. Inoltre la macchina fotografica e la videocamera erano già in uso agli inizi del ‘900 e c’era sempre un fotografo a documentare questi viaggi di esplorazione. Questo ci consente di “vedere in faccia” i protagonisti di queste vicende e di sentirli, come dire, più “veri”.
Ma non finisce qui l’interesse di questa fantastica classe “polare” per il nostro continente preferito. Guardate, sempre guidati dalla loro insegnante Donata Perri, che cosa hanno realizzato. E quando la creatività e la scienza si incontrano viene sempre fuori qualcosa di “fabulous”!!!
Questo post è dedicato ad alcune classi, rispettivamente una prima e due seconde, dell’Istituto Tecnico ad indirizzo economico dell’IIS “A. Vespucci” di Livorno, assolutamente delle “classi polari”!
Pensate che gli studenti di queste classi, guidati dall’ insegnante “polare” Marianna Daniele stanno addirittura “facendo lezione” a studenti di scuola secondaria di primo grado realizzando quello che per gli addetti ai lavori della scuola si chiama “curriculo verticale”.
Ebbene sì, le scienze polari sono così affascinanti che conquistano grandi e piccoli e si prestano quindi a fare da “ponte” tra diversi ordini di scuola.
La professoressa Marianna Daniele, nella mail che mi scrive, mi invita ad una giornata “Fabulous” (proprio così l’ha chiamata) che vorrebbe organizzare nella sua scuola. Questo nome mi piace talmente tanto che non posso fare altro che accettare!
Stamattina davanti la macchinetta del caffè, Andrea dice ” Allora … non mi fate gli auguri?!” Qualcuno risponde “E’ il tuo compleanno?” “Ma no” continua Andrea ” Oggi è Santa Barbara, la protettrice dei Vigili del Fuoco e della Marina Militare”
Quale migliore occasione per fare un post che dedico “of course” a tutte le “Barbara” (compresa la mia migliore amica) che conosco ma anche ai Vigili del Fuoco e al personale della Marina Militare che sono presenti qui a Mario Zucchelli Station (MZS).
“I Vigili del Fuoco qui a MZS ricoprono diverse funzioni” ci spiega il responsabile Andrea Cavalleri “Ad esempio io mi occupo del rifornimento di carburante dei velivoli (aeroplani ed elicotteri), l’altro Vigile professionista, Antonio De Leonardis, si occupa della manutenzione degli automezzi”.
Anche i militari della Marina svolgono diversi ruoli. Ad esempio come guide alpine per accompagnare i ricercatori nelle zone più disagiate del continente antartico e anche come palombari per le immersioni in cui svolgono i campionamenti che i ricercatori non potrebbero effettuare da soli viste le condizioni estreme dell’Oceano Meridionale.
“Per immergerci usiamo una muta stagna che ci consente di poter restare in acqua per 20 minuti” Ci racconta Mario, un maresciallo della Marina “prestato” alla ricerca per questo breve periodo della Spedizione in Antartide. “Infatti, a causa della bassa temperatura dell’acqua” continua Mario “ il corpo per cercare di contrastare l’ipotermia toglie il sangue alle estremità, cioè mani e piedi che rischiano il congelamento”.
Un altro ruolo in questo momento ricoperto da un pilota della Marina Militare, Alessio Chirivino, è quello di responsabile della Sala Operativa, il cervello organizzativo della base.
“Qui in sala operativa vengono raccolte tutte le esigenze dei ricercatori e si schedulano le attività in modo da ottimizzare le risorse disponibili in termini di mezzi aerei, navali e terrestri” Ci spiega Alessio. ” Tutto quello che succede in base deve passare sotto l’occhio vigile della sala operativa”.
Il nostro chef di cucina sta già preparando due torte per festeggiare la ricorrenza. Abbiamo già tutti l’acquolina in bocca!
“I Governi dell’Argentina, dell’Australia, del Belgio, del Cile, della Repubblica Francese, del Giappone, della Nuova Zelanda, della Norvegia, dell’Unione del Sud-Africa, dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d’America, riconoscendo che è nell’interesse dell’intera umanità che l’Antartide continui ad essere sempre usata esclusivamente per fini pacifici e non divenga teatro od oggetto di discordie internazionali;[…] convinti che la creazione di basi solide per la continuazione e lo sviluppo della cooperazione internazionale fondata sulla libertà della ricerca scientifica nell’Antartide […] è conforme agli interessi della scienza e del progresso dell’intera umanità […] ; hanno convenuto quanto segue …”
E quello che segue a questo incipit è il Trattato Antartico, un insieme di articoli che definisce le modalità per assicurare la conservazione dell’ambiente antartico e delle sue importanti risorse naturali.
Tutto bellissimo e normale se non fosse che questo Trattato è stato firmato il primo dicembre del 1959 in un periodo della storia mondiale che definire “caldo” è poco (tanto che va sotto il nome di “guerra fredda”).
Quando nei primi articoli si leggono frasi come “L’Antartide verrà usata a soli scopi pacifici” o parole come “cooperazione internazionale” non si può far altro, visto il momento storico in cui sono state scritte, che pensare di essere di fronte ad un “miracolo”.
Solo il magico continente di ghiaccio poteva fare tanto e diventare il simbolo di una speranza per tutta l’umanità: pace e cooperazione all’insegna della ricerca scientifica!
Oggi fanno parte del Sistema del Trattato Antartico 45 paesi tra cui l’Italia che ha aderito il 18 marzo del 1981.
Da quel non troppo lontano 1959,ogni primo di dicembre si “festeggia” l’Antarctica Day.
Care scuole Fabant se nelle vostre classi avete organizzato qualche iniziativa per ricordare questa giornata inviatemi qualcosa così la pubblico sul blog.
Questo post è dedicato alle classi IA e IB dell’Istituto “Vacchelli” di Cremona che, con la loro insegnante Maria Laura Beltrami, stanno lavorando attivamente sulle Scienze Polari.
Tra le loro domande ce ne è una a cui rispondo con questo post così approfitto per tranquillizzare mia madre, i miei amici e alcuni miei studenti (cara IV i che si preoccupa per la sua prof!): cosa mangiamo qui in Antartide?
Vi dico subito che se state cercando il miglior ristorante sulla faccia della Terra è proprio qui che dovete venire: alla Stazione Mario Zucchelli (MZS) a Baia Terra Nova. Lo so, non è proprio dietro l’angolo … peccato!
All’Antica Porperia, così è stata battezzata la “cucina” di di MZS è come avere un piccolo angolo d’Italia nel luogo più lontano dalla nostra patria che si possa immaginare. Un angolo fatto di sapori e profumi e per dimostrarvelo vi allego due esempi di menù che gli “abitanti” di MZS si trovano all’ingresso della mensa.
Come vi ho già raccontato in altri post, in questo luogo dove non esistono dì e notte è facile perdere la nozione del tempo e la cucina scandisce il ritmo non solo delle giornate ma anche delle settimane. Tutti i sabati si mangia la pizza e questa è entrata di diritto nel “gergo” della base (quale piccola comunità non ne crea uno proprio?!) come unità di misura del tempo. Non è inusuale ascoltare conversazioni come queste: “Da quanto sei arrivato in base?” ” Da due pizze” ( due settimane..)!
Grazie Emanuele, Luigi e Franco … siete fortissimi!
La Professoressa Raffaella Tedesco del Liceo Scientifico Statale “F. Severi” di Salerno mi scrive questa mail: Abbiamo letto in classe l’articolo “VIAGGIO PER DOME C” e i miei alunni mi hanno sommerso di domande che giro a voi per le risposte.
Per affrontare questo periodo così lungo
1) Quali problemi di ambientazione hanno dovuto superare? 2) Per tutti questi mesi come hanno fatto a rifornirsi ? 3) Quale è la temperatura all’interno della base e come funziona l’impianto di riscaldamento? 4) Quali combustibili si usano per la cucina e l’acqua calda? 5) La mancanza di luce solare per tanto tempo influisce sulla fisiologia (la vista) e sulla psiche? Curiosità: 1) Come si smaltiscono i rifiuti (anche quelli corporei)? 2) Come ci si lava? 3) Come si passa il tempo (oltre a giocare a …calcetto)? Grazie in anticipo
Cari studenti del Liceo Scientifico Statale “F. Severi” ,avete avuto una fortuna pazzesca: infatti per qualche giorno nella nostra base si sono fermati alcuni “invernanti” (nel gergo “antartico” si definisce “invernante” una persona che ha passato in Antartide il buio inverno) in attesa di ripartire per l’Italia dopo la loro esperienza a Dome C.
Si offre per l’intervista Daniele Tavagnacco, Dottorando in Astrofisica dell’Università di Trieste che ringrazio moltissimo.
Ecco le risposte di Daniele
Innanzitutto ci sono problemi legati all’ipossia cioè legati alla mancanza di ossigeno (la base Concordia si trova alla quota di circa 3300 m sul livello del mare) quindi nei primi giorni tutti abbiamo avuto mal di testa e problemi di stomaco. Inoltre si hanno problemi a dormire perché durante la notte non riesci a respirare e, in generale, ti stanchi anche a fare piccoli lavori e movimenti. Anche fare le scale diventa difficile! Quando siamo tornati qui “al mare” (Mario Zucchelli Station e una base costiera) ho avvertito da subito una sensazione di leggerezza e un minore affaticamento nel fare le cose. Praticamente quello che succede agli atleti quando fanno allenamento in quota per aumentare i globuli rossi che trasportano ossigeno nel sangue. Pensate che a Concordia nei primi mesi il cuore non scende mai sotto i 100 battiti (la normalità sarebbe 80) mentre in pochi giorni a MZS (Mario Zucchelli Station) il battiti sono tornati a valori normali. E poi il freddo, un freddo intenso che rende tutto quello che devi fare enormemente più difficile.
Il rifornimento viene fatto nel periodo estivo con 3 traverse da 150 tonnellate ciascuna che trasportano carburante, cibo e attrezzature.
L’impianto di riscaldamento è di “cogenerazione” cioè il raffreddamento dei generatori elettrici viene usato come riscaldamento per la base. All’interno della base si sta bene: la temperatura va dai 18 a 22 gradi e dipende dalle attività. Se ad esempio il calore a disposizione viene usato per scioglier la neve per fare acqua potabile la temperatura scende leggermente.
Il combustibile usato è principalmente il gasolio. E’ un gasolio particolare che deve resistere a basse temperature e per questo è quasi interamente deidratato cioè con meno acqua possibile. Ci sono diversi studi sulla fisiologia e psicologia dell’uomo nelle condizioni di buio protratto. L’impatto maggiore è l’assenza di vitamina D che si produce solo con esposizione al Sole e quindi va assunta via orale. A Concordia ci troviamo a vivere le condizioni degli astronauti che si trovano in stazioni spaziali orbitanti. Sono le condizioni degli astronauti. Infatti per avere maggiori informazioni riguardo questi studi potete visitare il sito dell’ESA dove c’è una parte dedicata proprio alle ricerche fatte a Concordia. Il Trattato Antartico vieta di lasciare i rifiuti in Antartide, quindi c’è una forma di riciclaggio molto spinto. I rifiuti vengono differenziati e, messi in un containere, vengono riportati a casa (o Italia o Francia … ricordate che è una base italo-francese?). L’acqua viene riciclata con sistema sviluppato dall’ ESA (Agenzia Spaziale Europea) che ricicla l’80% dell’acqua. Proprio per questo vengono usati saponi particolari. Per lavarsi ci sono docce e bagni normali. L’unica regola che si deve rispettare è la brevità, vista la mancanza di acqua. Durante il tempo libero si usano delle stanze dedicate dove ci sono delle attrezzature di svago. C’è una palestra, sale video, giochi di società. Ma il mio passatempo preferito era fare foto in esterna.
E’ difficilissimo tenersi in contatto con il resto del mondo. Viste le condizioni ambientali è proprio una condizione di estremo isolamento.
Ebbene si: ho giocato con il detto “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”! Ma credetemi :appena avrete finito di leggere questo post e visto le immagini vi renderete conto di quanto ho ragione.
Intanto considerate che una foca di Weddell adulta può pesare oltre 500 kg quindi per poterla catturare e posizionare le targhette di riconoscimento, senza dover utilizzare un’anestesia che potrebbe risultare invasiva per l’animale, l’unico modo è cercare di immobilizzarla con l’ausilio di un sacco. Infatti, una volta “finita nel sacco” la foca si calma e i ricercatori possono fare il loro lavoro. Il tutto dura pochissimi minuti e risulta molto meno fastidioso per l’animale rispetto al sistema che ricorre all’anestesia. Inoltre, in questo modo, il cucciolo e la madre non si separano mai.
Ve lo spiego subito: ogni volta che i ricercatori devono effettuare i loro studi in siti lontani dalla base viene allestito nel luogo in questione un “campo remoto” che altro non è che una tenda più grande del solito, dove si dovrà dormire, mangiare, lavarsi … insomma convivere in un piccolo spazio.
Diciamo che l’esperienza del campo remoto mette alla prova non solo la resistenza fisica per chi, come noi (e non provate a negarlo…) è abituato ad avere tutte le comodità ma anche quella psicologica. E’ infatti fondamentale che il gruppo che vive questa convivenza sia costituito da persone che cerchino di andare d’accordo tra loro lasciando da parte personalismi e pretese e facendo di tolleranza e disponibilità le parole d’ordine.
Ci sono anche dei risvolti umani, a volte, imprevedibili: si possono allacciare bellissimi rapporti con persone che a MZS (Mario Zucchelli Station), in mezzo a tante altre, spesso non hai la possibilità di conoscere bene e costruisci dei ricordi basati su emozioni che sai che solo con quelle persone potrai condividere.
Ci siamo. Le scuole FabAnt sono definitivamente decollate. Ecco alcune delle attività svolte dai temerari studenti polari. E una iniziativa per docenti
All’IIS Vespucci di Livorno sotto la guida della Prof Marianna Daniele gli studenti hanno lavorato al progetto didattico “Penguinwacth” che con un metodo ludico ma anche scientificamente rigoroso è riuscito ad avvicinare i ragazzi alla ricerca scientifica . Gli studenti hanno sviluppato non solo competenze strettamente legate al tema biologico ma anche competenze più ampie e trasversali (cittadinanza attiva, TIC, CLIL…).
A Cremona invece i ragazzi della 2°A della scuola “Trento Trieste” sotto la guida delle Prof.sse Monica Boccoli e Simonetta Anelli, hanno deciso di utilizzare FabAnt per studiare l’acqua e il ghiaccio in tutte le loro forme, realizzando anche un simpatico video.
Vi ricordo che se mi volete mandare foto delle vostre attività nelle scuole, devo applicare alcune regole elementari di privacy. Quindi potrò pubblicare solo le immagini (o i video) in cui non sono visibili volti di studenti a meno che non siano maggiorenni oppure mi facciate avere una liberatoria alla pubblicazione di tale materiale.
Sei alla ricerca di una idea di attività o laboratorio polare da fare in classe? Scrivimi. Ho montagne, anzi iceberg, di laboratori pronti da svolgere.
Attività svolta nell’ambito del Protocollo di intesa fra MIUR e MNA per diffondere le conoscenze scientifiche sulle regioni polari agli studenti di scuola secondaria e con la collaborazione del PNRA