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Una classe super polare!!!

A proposito di “vedere i pinguini dappertutto” (vedi post precedente) voi come definireste una classe che è riuscita a portare decine di pinguini imperatore nel mare di Salerno?!

Tranquilli, cari appassionati dei Poli, tutto è avvenuto nel rispetto del Trattato Antartico. Nessun pinguino è stato strappato al suo ambiente naturale ma avrei voluto esserci per vedere le facce dei passanti che si sono trovati di fronte a questo spettacolo…

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Pinguini imperatore sugli scogli del mare di Salerno … non state avendo le traveggole: è tutto vero!

Artefici di tutto questo sono stati gli alunni e le alunne della III B del Liceo Scientifico “Francesco Severi” di Salerno.

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Ecco i curatori dell’allestimento. Se andare in Antartide è tanto difficile, perché non portare un pezzo di Antartide qui da noi?!

Beh, quello che ha fatto questa classe è stupefacente ma come poteva essere altrimenti quando a guidare questi ragazzi “freezzantissimi” c’è un’insegnante come Raffaella Tedesco che ho avuto l’onore di conoscere personalmente ad un workshop sulle Scienze Polari a Padova (avete capito bene …questa insegnante eroica si è fatta centinaia di km per amore dell’Antartide…).

Chiaramente una classe che cura un allestimento del genere sotto il sole non può che fare lezione in un’aula “glaciale”!

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Quando mi hanno inviato queste foto gli studenti e le studentesse mi hanno scritto : “Siamo una Classe Polare?”

E me lo chiedete pure?!?!

Cari ragazzi per voi bisogna coniare il termine di classe Super Polare!!! Così come Super Polare è la vostra insegnante.

Grazie Raffaella e grazie a tutta la IIIB per aver condiviso con FabAnt la vostra passione per l’Antartide.

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Fare lezione a due passi dall’Antartide … il sogno di ogni classe polare. La III B l’ha realizzato! Grandissimi! 
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polar obsession … una malattia contagiosa!

Polar obsession, ossessione polare.  Come definire diversamente quell’amore per le Scienze Polari che ha portato, durante le vacanze di Pasqua, insegnanti,  ricercatori e studenti di tutto il mondo a trovarsi ad Hannover in occasione del workshop organizzato da PEI (Polar Educators International) per parlare di Artide ed Antartide?

E’ stato proprio il padrone di casa Professor Rainer Lehmann della  Freie Waldorfschule Hannover-Bothfeld nonché membro del consiglio direttivo di PEI a definire questa nuova malattia che a quanto pare può colpire a qualsiasi età ed è anche contagiosa ….

Può colpire i giovani ….

Studenti dell'istituto ospitante che hanno sacrificato parte delle loro vacanze pasquali per occuparsi della logistica del meeting.
Studenti (e anche un neonato!!!) dell’istituto ospitante i quali hanno sacrificato parte delle loro vacanze pasquali per occuparsi della logistica del meeting … e non solo! Il loro lavoro è stato fondamentale! (Il bambino è il figlio di una ricercatrice …)

…e può colpire adulti di ogni nazionalità …

Foto di gruppo scattata in un momento in cui il clima è stato un po' meno "polare"...
Foto di gruppo scattata in un momento in cui il clima è stato un po’ meno “polare”…

… porta a vedere pinguini dappertutto….

Una delle installazioni presentate durante il meeting. Tripudio di pinguini...
Una delle installazioni presentate durante il meeting. Tripudio di pinguini…

…e addirittura, nei casi più gravi, a vedere orsi polari nei ….muffin!!!

Sarannno muffin a forma di orso .... o orsi a forma di muffin?!
Sarannno muffin a forma di orso …. o orsi a forma di muffin?!

Purtroppo non sono conosciute per ora cure per questa malattia … oltretutto chi ne soffre pare non avere nessuna voglia di guarire!

Se non volete essere contagiati state lontani da questo sito www.polareducator.org …

 

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la “giusta distanza”

Prendo in prestito il titolo di un bellissimo film del regista italiano Carlo Mazzacurati  (che vi consiglio vivamente) per parlarvi del mio rientro dall’Antartide.

Lasciare l’Antartide è stato difficilissimo.

Non sto parlando di “lasciare” nel senso di allontanamento fisico dal continente (per quanto anche quello sia stato logisticamente difficoltoso) ma sto parlando di un lasciare più profondo. Un “lasciare” che significa andarsene “per sempre” sapendo di non poter tornare più. E’ un po’ come morire (tranquilli… ho scritto “un po'”…). Per cui spero mi capirete quando vi confesso che il silenzio dell’ultimo periodo è stato un momento necessario per una sorta di elaborazione di questo distacco. Per arrivare, appunto, alla giusta distanza che, in realtà, non so se riuscirò a raggiungere mai.

Qualcuno degli amici che ho conosciuto a Mario Zucchelli Station mi aveva parlato di “mal d’Antartide” e, sinceramente, già dai primi giorni in cui ho messo piede nel favoloso continente non ho avuto nessun dubbio che ne avrei sofferto al momento della partenza. Partenza che è stata ancora più traumatica perché improvvisa…

L’Antartide ti entra dentro e una parte del tuo cuore resta “intrappolato” tra i ghiacci e, come in ogni favola che si rispetti, l’altra parte che torna a casa con te sentirà per sempre il richiamo di quel pezzettino rimasto nel continente bianco.

L’Antartide ti travolge con la sua potenza. Di fronte ai suoi monumenti naturali ognuno non può che sentirsi “piccolo piccolo” come davanti qualcosa di “gigantesco”. L’Antartide è maestosa e regale ma al contempo semplice ed essenziale. Quando si torna al mondo reale (perché chiaramente l’altro è parso “surreale”) tutto sembra superfluo. In Antartide si perde il contatto con tanti “oggettini” che nella nostra vita quotidiana sembrano fondamentali: portafoglio, bancomat, cellulare… Tutti finiscono nel “cestino” del nostro cervello che trova, proprio in questo “mondo alla fine del mondo”, la sua dimensione autentica … quella che sarebbe se non ci fossero le sovrastrutture che noi abitanti del “primo mondo” ci siamo creati e che, in questo “mondo zero” (o sarebbe meglio dire: “sotto zero”) tornano ad essere quello che sono realmente: fardelli per il nostro spirito libero e “selvatico” (termine che qui uso nella sua accezione assolutamente positiva).

So che forse è difficile comprendere quello che sto scrivendo ma sono delle emozioni, o meglio delle sensazioni che volevo condividere con tutti voi che mi avete seguito in questa meravigliosa avventura pur sapendo che non ci sono parole abbastanza “colorate e profumate” e per descrivere tutto quello che mi ha riempito gli occhi e che ha travolto i miei sensi nei mesi passati a Mario Zucchelli Station, 74° 41′ Sud -164° 07′ Est.

Piano piano sono tornata alla mia vita ( e gli amici antartici sanno quanto è difficile ributtarcisi dentro…) e sto cercando di raccontare questa esperienza unica. Piano piano le immagini, ora nitide e vivissime , di questo periodo importante della mia vita diventeranno un “bianco ricordo” ma so già che ogni volta che dovrò parlare dell’Antartide e che riguarderò le migliaia di foto che ho scattato, quel pezzettino di cuore rimasto là batterà più forte e il suo richiamo si farà sentire…

Ed ora voglio finire questo post “nostalgico” lasciandovi una poesia (perché, ebbene sì..sfatiamo un mito: anche noi Proff. di Scienze amiamo la letteratura!). Una poesia di un poeta greco che apparentemente non centra nulla con l’Antartide. Una poesia che mi ha spedito ad ottobre, prima che partissi, una docente che avevo conosciuto ai “Tre giorni della scuola” a Napoli. Una poesia che solo dopo il mio ritorno, appunto con la” giusta distanza”, sono riuscita a capire in profondità e che mi emoziona ogni volta che rileggo e per la quale ringrazio Aurelia che, quasi come una vaticinante (per rimanere in tema), me l’ha inviata.

 

ITACA

Quando ti metterai in viaggio per Itaca 
devi augurarti che la strada sia lunga, 
fertile in avventure e in esperienze. 
I Lestrigoni e i Ciclopi 
o la furia di Nettuno non temere, 
non sarà questo il genere di incontri 
se il pensiero resta alto e un sentimento 
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. 
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, 
né nell’irato Nettuno incapperai 
se non li porti dentro 
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga. 
Che i mattini d’estate siano tanti 
quando nei porti – finalmente e con che gioia – 
toccherai terra tu per la prima volta: 
negli empori fenici indugia e acquista 
madreperle coralli ebano e ambre 
tutta merce fina, anche profumi 
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, 
va in molte città egizie 
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca – 
raggiungerla sia il pensiero costante. 
Soprattutto, non affrettare il viaggio; 
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio 
metta piede sull’isola, tu, ricco 
dei tesori accumulati per strada 
senza aspettarti ricchezze da Itaca. 
Itaca ti ha dato il bel viaggio, 
senza di lei mai ti saresti messo 
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. 
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso 
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Costantino Kavafis

Antartide chiama … chiama … Petilia Policastro!

Un altro video collegamento con tanto di “lacrimucce” di commozione è stato quello con il Liceo Scientifico “Raffaele Lombardi Satriani” di  Petilia Policastro. Il Professor Luigi Concio che ha fatto “gli onori di casa” è un docente “polare” di tutto rispetto. Pensate che con due classi quinte sta curando una pagina facebook a cui vi rimando con molto piacere che si chiama “Progetto Antartide”.

A questo punto voi direte: perché le lacrimucce?!

Perché proprio di Petilia Policastro è uno dei partecipanti della Spedizione (una vera e propria colonna portante di Mario Zucchelli Station): Giovanni Astorino.

In sala operativa per il videocollegamento con Petilia Policastro. Copyright  PNRA.
In sala operativa per il videocollegamento con Petilia Policastro. Copyright PNRA.

Una Spedizione Antartica è sì una spedizione di ricerca in un posto “ai confini del mondo”  ma è anche un’esperienza umana incredibile.

In base si vive, si lavora, si mangia, si scherza, a volte anche si discute, insomma si diventa una “grande famiglia” che cerca di supplire alla mancanza della famiglia, quella vera, che si trova a migliaia di km di distanza.

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Giovanni saluta la moglie che, per l’occasione, ha partecipato al videocollegamento. Copyright PNRA.

Tante grazie al Professor Luigi per la disponibilità nell’organizzare questo incontro con l’Antartide e grazie soprattutto per l’entusiasmo dimostrato dagli studenti. Continuate ad interessarvi al continente di ghiaccio: ne vale la pena!

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Antartide chiama … chiama … San Miniato!

Continuo la mia carrellata di post dedicati alle varie scuole che si sono collegate con l’Antartide. Lo so, sono rimasta indietro, ma come ho già scritto abbiamo avuto giorni con due collegamenti a serata e la scorsa settimana io sono stata … no, non ve lo dico subito, vi lascio in “suspance”. Diciamo che non avevo la possibilità di usare Internet  perché ero fuori dalla base(per ora accontentatevi di questo … ).

Il post di oggi è dedicato alle due classi dell’Istituto Tecnico “Cattaneo” di San Miniato (Pisa) coordinate dalla Professoressa Gabriella Salerno che mi ha inviato sulla posta di FabAnt delle foto, fatte durante il collegamento, che pubblico con molto piacere.

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Alunni delle due classi  dell'Istituto Cattaneo di Pisa durante il collegamento con Mario Zucchelli Station. Copyright PNRA.
Alunni delle due classi dell’Istituto Cattaneo di San Miniato durante il collegamento con Mario Zucchelli Station. Copyright PNRA.
Finalmente ci rendiamo conto di come ci vedono dall'Italia! Grazie Gabriella.
Finalmente ci rendiamo conto di come ci vedono dall’Italia! Grazie Gabriella.

La Professoressa Salerno mi consente di tornare a parlare delle “comunità polari” cioè gruppi di insegnanti italiani ( ma anche stranieri) che credono che le scienze polari siano un mezzo privilegiato per veicolare i contenuti e le competenze dei programmi scolastici di scienze.

A proposito vi invito a guardare questo numero di Scienze Magazine della Pearson, tutto dedicato alle scienze polari, dove troverete dei “nomi illustri” di queste comunità. Giusto per citarne qualcuno (e non se abbiano a male gli altri, per carità): la cara Gabriella Salerno, Luca Miserere, il docente che ha partecipato alla XXVIII Spedizione Italiana in Antartide e Matteo Cattadori di cui non vi scrivo nient’altro perché a lui sarà dedicato uno dei prossimi post (vi dico solo che è il Prof. dei Proff. Polari … ).

Buona lettura …

http://media.pearsonitalia.it/0.466646_1418399465.pdf

 

a fine spettacolo

Antartide chiama … chiama … Rescaldina!

Che bello quando dall’altra parte del video collegamento c’è una delle tue migliori amiche che, inoltre, condivide con te la passione per l’Antartide.

Il collegamento con le seconde A e D dell’Istituto Comprensivo “D. Alighieri” di Rescaldina è stato uno dei più impegnativi per i ricercatori antartici.  Come poteva essere diversamente quando alla guida delle classi, preparatissime sugli argomenti polari, c’è una Prof. “super polare” come l’amica Piera Ciceri che già da tempo ha iniziato con questi “mini scienziati” un percorso didattico sulla “favolosa Antartide”.

E allora questo post è tutto dedicato a loro che lo scorso anno scolastico hanno messo in scena davanti un pubblico entusiasta (tra cui ho avuto la fortuna di esserci anche io) un pezzo di teatro-scienza dedicato alla mirabolante avventura di Ernest Shackleton e la sua nave Endurance (se non la conoscete dovete assolutamente informarvi perché veramente se di “mitologia antartica” si può parlare non si può fare a meno di menzionare l’impresa di questo esploratore antartico!)

Vi lascio alle parole scritte direttamente da questi attori in erba che, secondo me, sono più convincenti di qualsiasi cosa io possa dirvi.

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L'equipaggio dell'Endurance avvista in lontananza il continente antartico prima di rimanere bloccati tra i ghiacci.
L’equipaggio dell’Endurance avvista in lontananza il continente antartico prima di rimanere bloccato tra i ghiacci.
Lo spettacolo è stato anche il pretesto per affrontare degli argomenti del programma di scienze. L'esperimento "drammatizzato" spiega  perché uno strato di grasso sottocutaneo è importante per l'isolamento termico degli animali polari.
Lo spettacolo è stato anche il pretesto per affrontare degli argomenti del programma di scienze. L’esperimento “drammatizzato” spiega perché uno strato di grasso sottocutaneo, simulato con un guanto di margarina, è importante per l’isolamento termico degli animali polari.
Questo piccolo attore interpreta l'astronauta Parmitano. Andare oggi nello spazio non è poi così diverso dalle spedizioni antartiche.
Questo piccolo attore interpreta l’astronauta Parmitano. Andare oggi nello spazio non è poi così diverso dalle spedizioni antartiche.

Ci rimane solo da chiedere: a quando le repliche?

Presto detto! Il 12 maggio a Milano ad Expo 2015, padiglione Italia, lo spettacolo “Uomini e scienza ai confini del mondo” una storia vera quasi al 100% verrà replicato.
Per quanto mi riguarda cercherò di  non mancare!

Intanto cari ragazzi complimenti a voi e alle vostre fantastiche insegnanti! Se il buongiorno si vede dal mattino …

 

Il gruppo dei subacquei della XXX Spedizione Italiana in Antartide al completo (nella foto insieme ad uno di due medici della base ed al capo spedizione). Copyright PNRA.

Miti antartici

Oggi, carissimi miei “followers”, vorrei condividere con voi un’emozione.

Siamo in Antartide e  questo lo sapete. Qualsiasi attività si faccia qui a MZS  ha  un qualcosa  di eccezionale (almeno per me, cittadina delle medie latitudine,  che si trova qui per la prima volta). Rimango stupefatta ogni qualvolta i ricercatori chiedono qualcosa e “puff”, come per magia, quel qualcosa viene realizzato dai diversi professionisti (artigiani, meccanici, etc, etc) del PNRA.

Ma in mezzo a tante attività stupefacenti ce ne è una che non ho nessuna remora a definire “mitologica”: l’attività subacquea.

L’attività dei subacquei del PNRA  è fondamentale per diversi ambiti della ricerca scientifica che si svolge qui a Mario Zucchelli Station. Spesso, infatti, i ricercatori che si occupano di biologia marina  hanno bisogno di prelevare campioni di sedimento o di organismi bentonici sul fondale marino a decine di metri di profondità.

La permanenza in acqua, che in Antartide ha una temperatura di qualche grado sotto lo zero, senza una specifica attrezzatura sarebbe impossibile. Per questo le immersioni sono preparate nei minimi dettagli e la vestizione del subacqueo diventa un rito che, nel mio immaginario scolastico, mi ha fatto pensare alla vestizione di un guerriero antico che si prepara alla battaglia.

Sono proprio alcune immagini di questa vestizione che vorrei condividere con voi.

 

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Antartide chiama … chiama … Rimini!

Particolarmente ricco di spunti il collegamento effettuato con il Liceo Scientifico “A. Einstein” di Rimini dove gli studenti, guidati dalla Prof.ssa Emma Gabellini, hanno impegnato i ricercatori in diversi ambiti. E non solo i ricercatori! Infatti la domanda degli studenti, a cui è dedicato il post, riguarda un aspetto importantissimo qui in Antartide e cioè l’assistenza sanitaria.

Stare quattro mesi in un ambiente come quello antartico espone a diversi tipi di problemi sanitari .  Inoltre, in caso di emergenza, è evidentemente impossibile rientrare tempestivamente in Italia per curarsi. E’ per questo che qui a MZS, in mezzo a tanta neve, c’è – è proprio il caso –  di dirlo un’assistenza sanitaria “con i fiocchi” !

“In base siamo 2 medici ed un infermiere “ci spiega il colonnello Sergio Fulvio, Ufficiale Medico dell’Aeronautica Militare, responsabile del servizio sanitario di Mario Zucchelli Station “ e la nostra attività consiste nell’assicurare la normale assistenza sanitaria ma anche coordinare gli interventi di pronto soccorso sia in base che fuori dalla base.”

“Il presidio sanitario di MZS “continua Sergio” è costituito da due ambienti: un’infermeria per le visite di routine ed una vera e propria sala chirurgica attrezzata anche per gli interventi più delicati.”

La sala chirurgica di MZS. Copyright PNRA.
La sala chirurgica di MZS. Copyright PNRA.

E’ possibile fare anche radiografie e analisi che, con un collegamento di telemedicina con il Policlinico Gemelli di Roma, è possibile far visionare a specialisti italiani per una consulenza .”

Lo staff sanitario al completo: il Dottor Antonio Gagliardi, il Dottor Sergio Fulvio e l'Infermiere Bernardino Angelini. In mezzo a loro posso veramente stare tranquilla! Copyright PNRA.
Lo staff sanitario al completo: il Dottor Antonio Gagliardi, il Dottor Sergio Fulvio e l’Infermiere Bernardino Angelini. In mezzo a loro si può solo “stare bene”! Copyright PNRA.

Penso che la fortuna di avere due medici e un infermiere a disposizione che ti visitano e ti curano nell’arco di 10 minuti, senza prenotazioni e liste di attesa, sia il sogno di ogni italiano … beh, in Antartide questo sogno è una realtà!

Antartide chiama … chiama … Pisa!

A volte i video-collegamenti regalano delle emozioni inaspettate: è il caso in cui tra gli studenti c’è il figlio di un partecipante alla spedizione.

E questo è proprio successo circa una settimana fa, quando ci siamo collegati con una classe della Scuola Primaria “Damiano Chiesa” di Pisa frequentata dal figlio del ricercatore e amico Sandro Francesconi, dell’Università di Pisa, persona splendida a cui dedico questo post.

Il video-collegamento sarebbe dovuto avvenire nell’ ultima sera di permanenza di Sandro in base prima di partire con la nave coreana Araon per tornare in Nuova Zelanda ma … l’imbarco è stato anticipato al giorno prima per cui noi, dalla sala operativa, ci siamo collegati con la scuola e Sandro era con noi “via radio” dalla nave che a qualche km da noi oltre il pack.

La nave Araon vista dalla sala operativa. Tra i passeggeri c'era anche Sandro Francesconi.
Un atipico collegamento a 3: dall’Italia la scuola “Damiano Chiesa” di Pisa, dall’Antartide noi dalla sala operativa e dalla nave Araon (qui fotografata, proprio quella sera, dalla sala operativa) il ricercatore Sandro Francesconi via radio. Copyright PNRA.

I bambini hanno fatto domande sul clima e gli animali ma anche sulla vita del ricercatore in Antartide.

La ricercatrice Silvia Illuminati dell'Università Politecnica delle Marche, risponde ad una "ricercatrice in erba". Copyright PNRA.
La ricercatrice Silvia Illuminati dell’Università Politecnica delle Marche, risponde ad una “ricercatrice in erba”. Copyright PNRA.

Qualche lacrimuccia è stata versata in sala operativa quando il figlio di Sandro ha salutato il padre, che non abbraccia da 2 mesi, da 15.000 km di distanza.

Cosa dire? La vita del ricercatore e del personale logistico “antartico”, cari bambini e lettori tutti, è anche questa: un lungo distacco dalla famiglia, spesso coincidente con le feste natalizie, tutto per amore della ricerca in questo spettacolare continente all’altra estremità del mondo.

Caro Sandro, ti auguriamo tutti quanti di passare le restanti feste in serenità con la tua famiglia. E questo vale anche per tutti gli altri amici che sono partiti con la nave Araon.

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Antartide chiama … chiama … Ascoli Piceno!

La scorsa settimana si è svolto, non con una certa emozione da parte mia, il videocollegamento tra MZS e il Liceo Scientifico “A. Orsini” di Ascoli Piceno, la scuola che mi ha visto sui banchi come studentessa.

Le molte classi coinvolte dalle insegnanti del dipartimento di Scienze, che ringrazio personalmente, hanno impegnato i ricercatori e i meteorologi dell’Aeronautica Militare su diverse interessanti tematiche.

La domanda alla quale, però, è dedicato il post riguarda il “viaggio” per arrivare in Antartide. Io, oramai tanto tempo fa, vi ho parlato del mio viaggio per raggiungere MZS. Un viaggio lungo ma, in effetti, non troppo faticoso, tutto tramite mezzi aerei.

Quando però sul pack davanti la base gli aerei non possono più atterrare perché è diventato troppo sottile, allora da Christchurch o Hobart, i partecipanti alla spedizione partono in nave.

Ecco il breve resconto di uno dei ricercatori, Angelo Galeandro del Politecnico di Bari, che ha voluto condividere con FabAnt “gioie e dolori” del suo viaggio via mare.

Sono partito dall’Italia domenica 30 novembre. Il piano di volo prevedeva lo scalo in diversi aeroporti (Roma, Londra, Dubai per una sosta tecnica necessaria per il rifornimento dell’aereo, Sydney) prima di arrivare ad Hobart, in Tasmania, un’isola situata a sud dell’Australia. Tra tempo di volo e soste, il viaggio in aereo è durato quasi 48 ore. Eravamo in 11 ad essere diretti in Antartide, 8 persone alla base italo-francese Concordia, 3 alla base Mario Zucchelli. Ad Hobart ci siamo divisi, 6 (tra cui io) sono stati imbarcati sull’Astrolabe, una piccola nave francese diretta alla base francese Dumont D’Urville, i restanti 5 hanno proseguito in aereo per Casey (la base australiana).

 

Copyright PNRA.
Copyright PNRA.

Dopo essere rimasti ad Hobart per 4 giorni, a causa di problemi al generatore della nave, siamo salpati sabato 6 dicembre alle 10 del mattino. Tutti e 6 eravamo stati messi in una piccolissima stanza, che dovevamo condividere con i bagagli personali ed i bagagli con gli indumenti da indossare in Antartide. L’Astrolabe è una nave dal fondo piatto e, per questo, molto “sensibile” al moto ondoso. Non per niente, nel corso del tempo si è guadagnata l’appellativo di “Gastrolabe” per le numerose vittime del mal di mare che ha fatto negli anni. E infatti, nonostante il bel tempo e il mare poco agitato, diversi di noi sono stati male.

E' difficilissimo fare una foto "dritta" sull'Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.
E’ difficilissimo fare una foto “dritta” sull’Astrolabe. Vedere per credere! Copyright PNRA.

Il viaggio, che sembrava non avere mai fine, è durato complessivamente 6 giorni. Il 5° giorno siamo arrivati finalmente in acque non mosse e costellate da lastre di ghiaccio alla deriva.

Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.
Quando la nave entra tra i ghiacci la navigazione è più tranquilla. Copyright PNRA.

Avvicinandoci alla costa, siamo passati tra enormi iceberg, alcuni alti anche fino ad un centinaio di metri. Su diverse lastre erano “parcheggiati” pinguini di Adelia, pinguini imperatore, foche. In acqua abbiamo visto anche una balena e, forse, un’orca.

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Il soffio di una balena fotografata dal ponte dell’Astrolabe. Copyright PNRA.
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Foca Leopardo sul ghiaccio marino. Copyright PNRA.

Sbarcati a Dumont D’Urville, il giorno dopo ci hanno trasferiti con un piccolo aereo chiamato Twin Otter alla base Mario Zucchelli, destinazione finale, dove siamo arrivati domenica 14 dicembre. Eravamo stati in viaggio per 15 giorni, alcuni dei quali terribili a causa del mal di mare, ma alla fine la soddisfazione di aver raggiunto un posto che suscita emozioni difficilmente esprimibili a parole.

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Foto scattata nei pressi della base francese Dumont D’Urville.Copyright PNRA.

Grazie ad Angelo per averci raccontato la sua esperienza. Anche io ripartirò dall’Antartide via mare … speriamo bene!