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“Sistemiamo” le cose: è proprio una “foca vera”!

Ed ora un po’ di “sistematica” ,  la scienza che si occupa di “sistemare”, cioè trovare il “cassetto giusto” per ogni animale, pianta ecc. ecc.,  nel grande “armadio” degli esseri viventi.

Prima di parlarvi della classificazione della foca di Weddell secondo lo schema gerarchico linneiano vediamo di parlare del gruppo più ampio (l’ordine “sistematicamente” parlando) di cui questo animale fa parte e cioè i pinnipedi.

Madre e cucciolo di foca di Weddell. Sullo sfondo Kay Island. Copyright PNRA.
Madre e cucciolo di foca di Weddell. Sullo sfondo Kay Island. Copyright PNRA.

I pinnipedi sono mammiferi marini che possono vivere sia dentro che fuori l’acqua e si dividono in tre famiglie: i focidi, gli otaridi e gli odobenidi. Non spaventatevi per i nomi, rispettivamente sono le “foche propriamente dette”, le otarie (cioè i pinnipedi con le orecchie) e i trichechi (unico rappresentante degli odobenidi.

Otaria fotografata in Nuova Zelanda. Notare le "orecchie", la pelliccia e la possibilità di usare le pinne per la locomozione.
Otaria fotografata in Nuova Zelanda. Notare le “orecchie”, la pelliccia e la possibilità di usare le pinne per la locomozione.

Tanto per dire qualche differenza tra foche ed otarie: intanto le foche non hanno i padiglioni auricolari esterni che invece sono presenti nelle otarie; queste ultime possono usare le loro pinne anteriori per “camminare” a terra, mentre le foche di Weddell sul pack si muovono come dei “lumaconi” tramite le contrazioni dei muscoli del tronco. Per la termoregolazione le foche hanno uno spesso strato di grasso (blubber) sottocutaneo, mentre le otarie hanno uno strato di grasso meno spesso ma possiedono anche una pelliccia più sviluppata.

Abbiamo capito che la foca di Weddell è una “vera foca” e la sua classificazione è la seguente:

REGNO Animali
PHILUM Cordati
CLASSE Mammiferi
ORDINE Pinnipedi
FAMIGLIA Focidi
GENERE Leptonychotes
SPECIE weddellii

 

Ora mi aspetto che la prossima volta che vedrete un’otaria non la chiamerete più “foca”!!!

Campo remoto a Key Island allestito per studiare le foche di Weddell lì presenti. Copyright PNRA.

campo remoto: cosa sarà mai?!

Cosa è un campo remoto?  Vi chiederete, vero?!

Ve lo spiego subito: ogni volta che i ricercatori devono effettuare i loro studi in siti lontani dalla base viene allestito nel luogo in questione un “campo remoto” che altro non è che una tenda più grande del solito, dove si dovrà dormire, mangiare, lavarsi … insomma convivere in un piccolo spazio.

Quel puntino sul pack che vedete è la tenda del nostro campo remoto. Copyright PNRA
Quel puntino sul pack che vedete è la tenda del nostro campo remoto. Copyright PNRA.

Diciamo che l’esperienza del campo remoto mette alla prova non solo la resistenza fisica per chi, come noi (e non provate a negarlo…) è abituato ad avere tutte le comodità ma anche quella psicologica. E’ infatti fondamentale che il gruppo che vive questa convivenza sia costituito da persone che cerchino di andare d’accordo tra loro lasciando da parte personalismi e pretese e facendo di tolleranza e disponibilità le parole d’ordine.

Interno della tenda. Scusate il disordine: siamo appena arrivati. Copyright PNRA
Interno della tenda. Scusate il disordine: siamo appena arrivati. Copyright PNRA

Ci sono anche dei risvolti umani, a volte, imprevedibili: si possono allacciare bellissimi rapporti con persone che a MZS (Mario Zucchelli Station), in mezzo a tante altre, spesso non hai la possibilità di conoscere bene e costruisci dei ricordi basati su emozioni che sai che solo con quelle persone potrai condividere.

Tutti collaborano per la riuscita del campo: chi cucina, chi lava i piatti, chi riordina. Proprio come in una piccola comunità. Copyright PNRA.
Tutti collaborano per la riuscita del campo: chi cucina, chi lava i piatti, chi riordina. Proprio come in una piccola comunità. Copyright PNRA.
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Viaggio per Dome C

Non ci crederete mai ma ho avuto la fortuna di avere un inviato speciale : Paolo Zini, informatico “antartico” ha voluto condividere con noi di Fabant la sua esperienza di viaggio a Dome C che si trova nel cuore del plateau antartico. Un luogo dove ci sono uomini che hanno passato tutto il buio e freddissimo inverno australe nella base Concordia.

Lascio la parola a Paolo che approfitto per ringraziare della sua disponibilità.

Il viaggio per Dome C dove ci aspetta la base Italo-Francese di Concordia è di per sé un’avventura. Oltre 1200 km a bordo di un “collaudato” DC-3 Basler pilotato dal mitico Jim con cui scavalchiamo la cordigliera antartica e sorvoliamo il plateau antartico a 3800 mt di altitudine, senza alcuna pressurizzazione.

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L’aria è molto rarefatta e a volte la nausea prende il sopravvento. Ma questo è niente in confronto a quello che ci aspetta all’arrivo: una fortissima emicrania che ci terrà compagnia per un paio di giorni.

Dopo quasi 4 ore di volo, a distrarci all’arrivo però è la fortissima e vicendevole emozione provocata dall’incontrare persone che hai lasciato 9 mesi fa da sole a queste invivibili latitudini e da occhi increduli che da tempo non vedono un mezzo volante, ispirazione della loro voglia di ritornare alla vita normale.

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Eccoli, subito dietro al portellone del vecchio Basler, e con lo sfondo delle torri di Concordia, i nostri amici “invernanti” ci accolgono con grandissimo calore nonostante i quasi -40 °C che ci aspettano.

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I carissimi amici ci danno un segno tangibile della loro gioia nel rivedere facce nuove da quelle che per oltre 9 mesi hanno incontrato quotidianamente in base.

E’ proprio il mitico Giorgio, cuoco alla sua 4 (quarta!!!) esperienza invernale che ci aspetta con qualche stuzzichino degno della sua fama (e della nostra fame!).

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Beh, devo dire che mi sento quasi a casa, non mi par vero che siano passati diversi mesi da quando ho lasciato la base. Sembra ieri.

Allora volo in ufficio, dove mi attende un panorama del tutto particolare che mi farà compagnia per tutta la mia permanenza a Concordia: la vista sul plateau antartico, proprio in direzione della stazione di partenza Mario Zucchelli. Quasi un burla… ma ci rivedremo presto!

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Fermento polare. Nelle scuole FabAnt

Ci siamo. Le scuole FabAnt sono definitivamente decollate. Ecco alcune delle attività svolte dai temerari studenti polari. E una iniziativa per docenti

  1. All’IIS Vespucci di Livorno sotto la guida della Prof Marianna Daniele gli studenti hanno lavorato al progetto didattico “Penguinwacth” che con un metodo ludico ma anche scientificamente rigoroso è riuscito ad avvicinare i ragazzi alla ricerca scientifica . Gli studenti hanno sviluppato non solo competenze strettamente legate al tema biologico ma anche competenze più ampie e trasversali (cittadinanza attiva, TIC, CLIL…).
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    Gli studenti del “Vespucci” di Livorno al lavoro

     

  2. A Cremona invece i ragazzi della 2°A della scuola “Trento Trieste” sotto la guida delle Prof.sse Monica Boccoli e Simonetta Anelli, hanno deciso di utilizzare FabAnt per studiare l’acqua e il ghiaccio in tutte le loro forme, realizzando anche un simpatico video.
  3. Segnalo infine che a fine Novembre a Trieste si svolgerà un workshop per insegnanti polari. Son previsti sia interventi di ricercatori dell’OGS, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Oceanografia Sperimentale sia tanti laboratori didattici pronti da svolgere in classe. C’è in programma anche un collegamento in diretta con me…

Vi ricordo che se mi volete mandare foto delle vostre attività nelle scuole, devo applicare alcune regole elementari di privacy. Quindi potrò pubblicare solo le immagini (o i video) in cui non sono visibili volti di studenti a meno che non siano maggiorenni oppure mi facciate avere una liberatoria alla pubblicazione di tale materiale.

Sei alla ricerca di una idea di attività o laboratorio polare da fare in classe? Scrivimi. Ho montagne, anzi iceberg, di laboratori pronti da svolgere.

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primo incontro con la foca di Weddell

Una data storica per il PNRA (Programma Nazionale di Ricerca in Antartide): ieri è stata “marcata” la prima foca di Weddell da un progetto di ricerca italiano.

Un ricercatore sta applicando una targhetta numerata sulle pinne caudali della foca. Copyright PNRA.
Un ricercatore sta applicando una targhetta numerata sulle pinne caudali della foca. Copyright PNRA.

Si può considerare iniziato il programma di campionamento delle foche di Weddell presenti a Tethys Bay e Kay Island.

Roberto Palozzi, Alessia Cicconi e Arnold Rakaj: i tre componenti del programma di ricerca con la prima foca "marcata". Copyright PNRA.
Roberto Palozzi, Alessia Cicconi e Arnold Rakaj: i tre componenti del programma di ricerca con la prima foca “marcata”. Copyright PNRA.

Oltre la targhetta, che consentirà ai ricercatori di riconoscere le foche nei successivi campionamenti, sono stati prelevati campioni biologici per analisi di tipo genetico. Queste analisi consentiranno di confrontare la popolazione di foche presenti in Tethys Bay e Kay Island con quelle presenti nei pressi della base americana McMurdo distante circa 400 km dalla Stazione Mario Zucchelli.

Ed è stata una data storica anche per me: è infatti la prima volta che incontro una foca di Weddell. Un’emozione grandissima.

Domani è prevista la partenza per il campo remoto di Kay Island, una colonia riproduttiva dove saranno presenti le mamme che hanno appena partorito con i cuccioli. Per qualche giorno non ci sarò … mi raccomando non dimenticatemi!

il più “anziano” della base.

Il Basler parcheggiato sul pack davanti la Stazione Mario Zucchelli. Copyright PNRA.
Il Basler parcheggiato sul pack davanti la Stazione Mario Zucchelli. Copyright PNRA.

Questo post è dedicato a tutti coloro che amano gli aerei. Vi ho già parlato del Twin Otter ma accanto a lui “parcheggiato” sul pack davanti la Stazione Mario Zucchelli, c’è un altro aeroplano: il BASLER BT-67.

Questo aereo, a differenza del suo vicino, ha sia le ruote che gli sci per atterrare sulla neve e viene utilizzato per lunghi trasferimenti all’interno del continente antartico. Ad esempio in questi giorni ci sarà un volo che porterà diverse persone alla stazione Concordia che si trova a circa 1200 km da MZS (Mario Zucchelli Station) e ad effettuarlo sarà proprio lui, il nostro Basler. L’aereo viene anche usato per distribuire bidoni di carburante in siti remoti dove poi vanno a rifornirsi gli elicotteri quando accompagnano i ricercatori in missioni scientifiche lontano dalla base.

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Bidoni di carburante scaricati dal Basler nel sito remoto di Morozumi Range. Copyright PNRA.

Ho avuto il piacere di fare uno di questi viaggi per rifornire questi “pit stop” nel ghiaccio.

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Equipaggio del volo del Basler al sito remoto di Morozumi Range. Copyright PNRA.

Ma la cosa incredibile di questo aereo è che può vantare la coppa del “più anziano” in base. Infatti, se andiamo a guardare l’anno di costruzione torniamo indietro al 1942 e scopriamo che questo apparecchio ha fatto la seconda guerra mondiale. Non è altro, infatti, che un vecchio e famosissimo DC-3, noto anche come Dakota.

Targhetta del Basler dove si può leggere l'anno di costruzione:1942! Copyright PNRA.
Targhetta del Basler dove si può leggere l’anno di costruzione:1942! Copyright PNRA.

Ora, sostituiti i motori a pistoni con delle turbine, è passato “dalla guerra alla ricerca” ( non è l’unico caso qui in Antartide). Quale migliore “avanzamento di carriera” per questo gioiellino dell’aria?!

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che la ricerca abbia inizio…

E’ giunta l’ora di parlarvi del tipo di ricerca qui in Antartide a cui sono stata assegnata dal CSNA (Commissione Scientifica Nazionale per l’Antartide). Tenetevi forte perché si tratta di uno studio entusiasmante: una ricerca sulla foca di Weddell, animale che detiene un record: è infatti il mammifero che vive più a sud del mondo.

Il gruppo a cui sono stata affiancata è del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata ed è costituito da me, Arnold Rakaj biologo marino e Roberto Palozzi ricercatore esperto sulla foca di Weddell con diverse collaborazioni con scienziati americani.

Esistono diversi studi, soprattutto di ricercatori americani, su questo mammifero ma è la prima volta che il PNRA (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide) inserisce un progetto su questo animale. Possiamo quindi considerarci dei veri pionieri!

Questa ricerca prevede una parte sul campo e una parte di laboratorio. Quando dico “sul campo” intendo sul pack, cioè il ghiaccio marino, dove in questo periodo (ottobre/ novembre) le foche femmine escono da buchi e fratture per poter partorire il loro cucciolo.

Le foche e i loro cuccioli saranno pesati e marcati con delle targhette che consentiranno successivamente di poterli riconoscere. Praticamente daremo un nome alle foche di Baia Terra Nova …

Sarà prelevato anche del materiale biologico (in maniera non invasiva) in modo da caratterizzarle anche dal punto di vista genetico (non mi addentro oltre nell’argomento, per ora).

Il vulcano Melbourne che fa da sfondo alla Tethys Bay. Copyright PNRA.
Il vulcano Melbourne che fa da sfondo alla Tethys Bay. Copyright PNRA.

Per poter testare i materiali che saranno utilizzati nel campo remoto, allestito sull’Isola di Kay Island al centro di Baia Terra Nova, ieri abbiamo fatto dei buchi nel pack di Tethys Bay proprio davanti la Stazione Mario Zucchelli … un vero invito a nozze per le foche che cercano questi fori per poter emergere a respirare…

Per ora accontentatevi di vedere il buco già fatto. In uno dei prossimi post vi farò vedere tutte le fasi.

Foro nel pack da cui si può osservare il cosiddetto "platelet ice" il cui colore dipende da materiale organico. Copyright PNRA.
Foro nel pack da cui si può osservare il cosiddetto “platelet ice” il cui colore dipende da materiale organico. Copyright PNRA.

Tra un po’ andiamo a controllare se qualche foca è uscita fuori da questi fori … non vedo l’ora!

 

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E’ arrivato il Twin Otter!

Qualche giorno fa è atterrato a Baia Terra Nova il Twin Otter, l’aeroplano con il quale, dalla nostra base di ricerca, vengono effettuati trasferimenti e spostamenti in Antartide.

Fin qui niente di troppo speciale se non fosse per il viaggio che ha fatto questo apparecchio per arrivare davanti alla Stazione Mario Zucchelli. Giochiamo un pochino ad “Acqua e Fuoco” … Provate, infatti, ad indovinare da dove proviene l’equipaggio che ne è sceso… “Italia”? Acqua, acqua …  “Nuova Zelanda”? Acqua …. Allora, “Australia”? Ancora acqua … Arrendetevi perché non ci arriverete mai… L’aereo è partito da Calgary (non … Cagliari!) una città del Canada e, dopo 11 giorni di viaggio in cui ha attraversato tutto il Nord America, il Sud America e trasvolato da ovest ad est tutta l’Antartide, eccolo qui davanti ai miei occhi.

Il Twin Otter appena atterrato sul pack di Baia Terra Nova. Copyright PNRA.
Il Twin Otter appena atterrato sul pack di Baia Terra Nova. Copyright PNRA.

Uno dei membri dell’equipaggio, Kelsey, ci spiega quali sono state le loro tappe. Lo so, il video è in inglese, (d’altronde Kelsey è canadese), ma potete riconoscere qualche nome: Texas, Portorico, Equador, tre notti in Cile (il Cile è lungo!), Rothera (base inglese nella Penisola Antartica) , Polo Sud (nella base americana Amundsen-Scott che si trova proprio sul Polo Sud) e, dulcis in fundo, Mario Zucchelli Station.

Chiaramente appena arrivati sul continente antartico, come per le auto si passa dai pneumatici estivi a quelli invernali, nel Twin Otter si sostituiscono le ruote di gomma con degli sci che gli consentono di atterrare e decollare sulla neve in pochi metri.

Trasferimento delle ruote del Twin Otter. Copyright PNRA.
Trasferimento delle ruote del Twin Otter. Copyright

Dal Canada all’Antartide. Via Polo Sud. (come fosse Milano-Roma)

Kelsey, uno dei membri dell’equipaggio che ha fatto questo incredibile viaggio con il Twin Otter (un aereo piccolino da pochi posti) elenca tutti i posti che hanno attraversato. Elencandoli come se fossero le stazioni della linea Milano-Roma.

C’è qualche scuola FabAnt che se la sente di fare una mappa disegnando la rotta seguita da questo aereo?

PS Overnight significa “durante la notte”…