“I Governi dell’Argentina, dell’Australia, del Belgio, del Cile, della Repubblica Francese, del Giappone, della Nuova Zelanda, della Norvegia, dell’Unione del Sud-Africa, dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d’America, riconoscendo che è nell’interesse dell’intera umanità che l’Antartide continui ad essere sempre usata esclusivamente per fini pacifici e non divenga teatro od oggetto di discordie internazionali;[…] convinti che la creazione di basi solide per la continuazione e lo sviluppo della cooperazione internazionale fondata sulla libertà della ricerca scientifica nell’Antartide […] è conforme agli interessi della scienza e del progresso dell’intera umanità […] ; hanno convenuto quanto segue …”
E quello che segue a questo incipit è il Trattato Antartico, un insieme di articoli che definisce le modalità per assicurare la conservazione dell’ambiente antartico e delle sue importanti risorse naturali.
Tutto bellissimo e normale se non fosse che questo Trattato è stato firmato il primo dicembre del 1959 in un periodo della storia mondiale che definire “caldo” è poco (tanto che va sotto il nome di “guerra fredda”).
Quando nei primi articoli si leggono frasi come “L’Antartide verrà usata a soli scopi pacifici” o parole come “cooperazione internazionale” non si può far altro, visto il momento storico in cui sono state scritte, che pensare di essere di fronte ad un “miracolo”.
Solo il magico continente di ghiaccio poteva fare tanto e diventare il simbolo di una speranza per tutta l’umanità: pace e cooperazione all’insegna della ricerca scientifica!
Oggi fanno parte del Sistema del Trattato Antartico 45 paesi tra cui l’Italia che ha aderito il 18 marzo del 1981.
Da quel non troppo lontano 1959,ogni primo di dicembre si “festeggia” l’Antarctica Day.
Care scuole Fabant se nelle vostre classi avete organizzato qualche iniziativa per ricordare questa giornata inviatemi qualcosa così la pubblico sul blog.
Questo post è dedicato alle classi IA e IB dell’Istituto “Vacchelli” di Cremona che, con la loro insegnante Maria Laura Beltrami, stanno lavorando attivamente sulle Scienze Polari.
Tra le loro domande ce ne è una a cui rispondo con questo post così approfitto per tranquillizzare mia madre, i miei amici e alcuni miei studenti (cara IV i che si preoccupa per la sua prof!): cosa mangiamo qui in Antartide?
Vi dico subito che se state cercando il miglior ristorante sulla faccia della Terra è proprio qui che dovete venire: alla Stazione Mario Zucchelli (MZS) a Baia Terra Nova. Lo so, non è proprio dietro l’angolo … peccato!
All’Antica Porperia, così è stata battezzata la “cucina” di di MZS è come avere un piccolo angolo d’Italia nel luogo più lontano dalla nostra patria che si possa immaginare. Un angolo fatto di sapori e profumi e per dimostrarvelo vi allego due esempi di menù che gli “abitanti” di MZS si trovano all’ingresso della mensa.
Come vi ho già raccontato in altri post, in questo luogo dove non esistono dì e notte è facile perdere la nozione del tempo e la cucina scandisce il ritmo non solo delle giornate ma anche delle settimane. Tutti i sabati si mangia la pizza e questa è entrata di diritto nel “gergo” della base (quale piccola comunità non ne crea uno proprio?!) come unità di misura del tempo. Non è inusuale ascoltare conversazioni come queste: “Da quanto sei arrivato in base?” ” Da due pizze” ( due settimane..)!
Grazie Emanuele, Luigi e Franco … siete fortissimi!
E’ quasi la mezza: in corridoio cominciano a diffondersi odori e profumi della lontana madrepatria. Seguiamo la scia ed arriviamo nella cucina, il cuore caldo e “fumante” della base, il regno indiscusso di tre persone speciali: Franco, Emanuele e Luigi. E non sono solo i buonissimi piatti che preparano a “scaldare” il cuore ma anche la loro simpatia e disponibilità. In cucina (restando sulla porta perché dentro non si può di certo entrare!) ci si sente a casa; ci sono sempre una parola ed un sorriso per tutti.
Per chi non vive tanti mesi lontano da casa propria sarà difficile capire l’importanza del momento comune dei pasti. In un luogo quasi surreale, sempre alla luce (per noi abituati al ciclo dì-notte), dove le azioni e le persone non sono quelle della nostra quotidianità, la “cucina” scandisce il ritmo (proprio come un “cuore”!) e rappresenta il punto fermo, la sicurezza, il “profumo” di casa, appunto!
Nella posta di Fabant ho ricevuto questa richiesta.
Vi allego anche l’articolo che mi è stato spedito.
Chiaramente dopo aver ricevuto questa domanda ho cominciato a chiedere in giro ai vari ricercatori dell’ambito “glaciologia” e “cambiamenti climatici” e facendo una sintesi di quello che è mi è stato detto è venuto fuori questo che vi scrivo di seguito.
Riallacciandosi alle ultime frasi dell’articolo i ricercatori sono d’accordo nel dire che quello misurato è un andamento di soli 30 anni e che la stessa cosa potrebbe essersi ripetuta altre migliaia di volte nella storia della Terra che, come oramai chiaro, ha vissuto cicli di raffreddamento e riscaldamento.
Non esiste in realtà una risposta univoca. Sicuramente la temperatura non è necessariamente l’unico parametro da prendere in considerazione. Ad esempio in un solo giorno, come è accaduto appunto intorno al 10 ottobre, a causa di forti venti catabatici è stato calcolato dalle immagini da satellite che il pack è aumentato di oltre 50.000 km quadrati (Sicilia e Sardegna insieme). Per contro, quest’anno, in Artide è stata registrata una delle minori estensioni del pack da quando esistono le misurazioni.
Rimanendo alle nostre latitudini, per fare un esempio di come l’estensione del ghiaccio non sia correlata solo negativamente con la temperatura ( cioè maggiore temperatura=minore ghiaccio) come si potrebbe pensare intuitivamente, si pensi che piccoli ghiacciai delle Alpi Orientali in anni caldi hanno aumentato la loro estensione. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che alte temperature (in situazione di clima freddo) possono portare ad un aumento delle precipitazioni nevose che accumulandosi ingrandiscono i ghiacciai.
Come vedete parlare di cambiamento climatico, estensione dei ghiacci e così via è veramente complesso! Le ricerche che si svolgono qui in Antartide cercano di trovare la chiave per risolvere tanti interrogativi e dipanare molti dubbi riguardo il grande sistema complesso che è l’Ecosistema Terra.
Grazie agli alunni della IIA della Scuola Primaria “Trento e Trieste” di Cremona e alle loro insegnanti Monica Boccoli e Simonetta Anelli che sono veramente attivissime nelle scienze polari.
Con questo post vi voglio dimostrare che nel mondo le persone matte come me (noi) nel mondo non son poche. So che non ci crederete mai ma siamo in parecchi a pensare che le scienze polari siano uno strumento potentissimo nel migliorare la didattica delle scienze a scuola. Eccovi tre esempi. TRE
UNO. Venerdi e Sabato prossimi a Trieste si svolge il ValFlu EDU Workshop. Organizzato dall’OGS. Ricercatori e insegnanti polari spiegheranno ricerche in corso e attività didattiche pratiche da svolgere in classe. La partecipazione è libera e gratuita.
DUE. In Aprile 2015 ad Hannover si svolgerà il secondo incontro di PEI (Polar Educators International) vedi locandina. E’ una comunità mondiale di insegnanti ed educatori polari che lavora da anni nel divulgare le scienze polari a scuola e nella formazione. Le iscrizioni si chiudono il 15 Dicembre 2014.
TRE. Il 1 Dicembre di ogni anno si festeggia l’Antarctica Day che celebra la firma del trattato Antartico avvenuta il 1 Dicembre 1959 . Le persone nel mondo possono partecipare a iniziative in corso oppure anche solo inviando un palloncino virtuale (virtual baloon) . Bella idea.
La Professoressa Raffaella Tedesco del Liceo Scientifico Statale “F. Severi” di Salerno mi scrive questa mail: Abbiamo letto in classe l’articolo “VIAGGIO PER DOME C” e i miei alunni mi hanno sommerso di domande che giro a voi per le risposte.
Per affrontare questo periodo così lungo
1) Quali problemi di ambientazione hanno dovuto superare? 2) Per tutti questi mesi come hanno fatto a rifornirsi ? 3) Quale è la temperatura all’interno della base e come funziona l’impianto di riscaldamento? 4) Quali combustibili si usano per la cucina e l’acqua calda? 5) La mancanza di luce solare per tanto tempo influisce sulla fisiologia (la vista) e sulla psiche? Curiosità: 1) Come si smaltiscono i rifiuti (anche quelli corporei)? 2) Come ci si lava? 3) Come si passa il tempo (oltre a giocare a …calcetto)? Grazie in anticipo
Cari studenti del Liceo Scientifico Statale “F. Severi” ,avete avuto una fortuna pazzesca: infatti per qualche giorno nella nostra base si sono fermati alcuni “invernanti” (nel gergo “antartico” si definisce “invernante” una persona che ha passato in Antartide il buio inverno) in attesa di ripartire per l’Italia dopo la loro esperienza a Dome C.
Si offre per l’intervista Daniele Tavagnacco, Dottorando in Astrofisica dell’Università di Trieste che ringrazio moltissimo.
Ecco le risposte di Daniele
Innanzitutto ci sono problemi legati all’ipossia cioè legati alla mancanza di ossigeno (la base Concordia si trova alla quota di circa 3300 m sul livello del mare) quindi nei primi giorni tutti abbiamo avuto mal di testa e problemi di stomaco. Inoltre si hanno problemi a dormire perché durante la notte non riesci a respirare e, in generale, ti stanchi anche a fare piccoli lavori e movimenti. Anche fare le scale diventa difficile! Quando siamo tornati qui “al mare” (Mario Zucchelli Station e una base costiera) ho avvertito da subito una sensazione di leggerezza e un minore affaticamento nel fare le cose. Praticamente quello che succede agli atleti quando fanno allenamento in quota per aumentare i globuli rossi che trasportano ossigeno nel sangue. Pensate che a Concordia nei primi mesi il cuore non scende mai sotto i 100 battiti (la normalità sarebbe 80) mentre in pochi giorni a MZS (Mario Zucchelli Station) il battiti sono tornati a valori normali. E poi il freddo, un freddo intenso che rende tutto quello che devi fare enormemente più difficile.
Il rifornimento viene fatto nel periodo estivo con 3 traverse da 150 tonnellate ciascuna che trasportano carburante, cibo e attrezzature.
L’impianto di riscaldamento è di “cogenerazione” cioè il raffreddamento dei generatori elettrici viene usato come riscaldamento per la base. All’interno della base si sta bene: la temperatura va dai 18 a 22 gradi e dipende dalle attività. Se ad esempio il calore a disposizione viene usato per scioglier la neve per fare acqua potabile la temperatura scende leggermente.
Il combustibile usato è principalmente il gasolio. E’ un gasolio particolare che deve resistere a basse temperature e per questo è quasi interamente deidratato cioè con meno acqua possibile. Ci sono diversi studi sulla fisiologia e psicologia dell’uomo nelle condizioni di buio protratto. L’impatto maggiore è l’assenza di vitamina D che si produce solo con esposizione al Sole e quindi va assunta via orale. A Concordia ci troviamo a vivere le condizioni degli astronauti che si trovano in stazioni spaziali orbitanti. Sono le condizioni degli astronauti. Infatti per avere maggiori informazioni riguardo questi studi potete visitare il sito dell’ESA dove c’è una parte dedicata proprio alle ricerche fatte a Concordia. Il Trattato Antartico vieta di lasciare i rifiuti in Antartide, quindi c’è una forma di riciclaggio molto spinto. I rifiuti vengono differenziati e, messi in un containere, vengono riportati a casa (o Italia o Francia … ricordate che è una base italo-francese?). L’acqua viene riciclata con sistema sviluppato dall’ ESA (Agenzia Spaziale Europea) che ricicla l’80% dell’acqua. Proprio per questo vengono usati saponi particolari. Per lavarsi ci sono docce e bagni normali. L’unica regola che si deve rispettare è la brevità, vista la mancanza di acqua. Durante il tempo libero si usano delle stanze dedicate dove ci sono delle attrezzature di svago. C’è una palestra, sale video, giochi di società. Ma il mio passatempo preferito era fare foto in esterna.
E’ difficilissimo tenersi in contatto con il resto del mondo. Viste le condizioni ambientali è proprio una condizione di estremo isolamento.
Ebbene si: ho giocato con il detto “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”! Ma credetemi :appena avrete finito di leggere questo post e visto le immagini vi renderete conto di quanto ho ragione.
Intanto considerate che una foca di Weddell adulta può pesare oltre 500 kg quindi per poterla catturare e posizionare le targhette di riconoscimento, senza dover utilizzare un’anestesia che potrebbe risultare invasiva per l’animale, l’unico modo è cercare di immobilizzarla con l’ausilio di un sacco. Infatti, una volta “finita nel sacco” la foca si calma e i ricercatori possono fare il loro lavoro. Il tutto dura pochissimi minuti e risulta molto meno fastidioso per l’animale rispetto al sistema che ricorre all’anestesia. Inoltre, in questo modo, il cucciolo e la madre non si separano mai.
Grande fermento in sala operativa qualche sera fa. Quasi una decina tra ricercatori, logisti, informatici per rispondere ad un pubblico d’eccezione: le classi terze A,B,C della Scuola Primaria “D. Moro”- ICS “Capponi” di Via Pescarenico , Milano.
E’ iniziato così la serie di videoconferenze tra la base Mario Zucchelli in Antartide e le scuole aderenti al progetto.
Domande su animali antartici, condizioni meteorologiche, cambiamenti climatici hanno impegnato tutti i presenti letteralmente “incantati” da un pubblico di studenti in “erba” preparatissimi sull’argomento grazie anche alla lezione, fatta prima della partenza per il continente di ghiaccio da uno dei partecipanti alla spedizione, il vigile del fuoco Claudio Sambrini nell’ambito del progetto Adotta Una Scuola Dall’Antartide.
Un momento di stupore da parte di tutti i presenti quando un volatile si è posato sul ballatoio della sala operativa e mostrato in diretta ai bambini si è sentito un corale “E’ uno Skua! ”… (Penso che non sia così facile che in Italia tanti bambini sappiano dell’esistenza di questo uccello!!!)
Cosa dire a questi piccoli già appassionati di Antartide se non “continuate cosi!”
Un ringraziamento anche a tutti coloro che mi hanno dato una mano: Piero, Christian, Marco C., Alessio, Arnold, Marco F., Giuseppe, Emanuele, Egidio, Edoardo, Daniele, Claudio.
Guardate che cose meravigliose mi arrivano in Antartide nella posta di Fabant.
Cosa dire se non che la IIA della Scuola Primaria “Trento e Trieste” di Cremona è di sicuro una classe “polare”. Veramente tanti complimenti alle insegnanti Simonetta Anelli e Monica Boccoli per questi bellissimi piccoli scienziati che ci trasportano, magicamente, sopra le nuvole.
L’altro giorno con l’elicottero che ci riforniva di viveri sono scesi anche due ospiti. Uno dei due aveva una telecamera non proprio “amatoriale”, l’altro un microfono. “Roberto, per caso aspettavi qualcuno?” “No… E tu, Arnold?” “Neanche io … saranno sicuramente amici di Alessia. Ha lasciato il nostro indirizzo a tutti!”
E, invece anche io non ne sapevo nulla. E allora: chi sarà venuto a farci visita a Kay Island che, diciamolo, non è proprio dietro l’angolo!?
Lo so: vi sto tenendo un po’ sulle spine … In effetti, sto tentando di “rubare il lavoro” proprio ai nostri ospiti cercando di tenervi incatenati a leggere.
Va bene, oramai l’avrete capito che a farci visita sono stati due giornalisti, Oliviero Bergamini e Carlo Bernardini del TG1, inviati in Antartide per uno “Speciale del TG1” dedicato alla ricerca italiana nel posto più remoto della terra.
E così al “gruppo foche” (come oramai ci chiamano in base) si sono aggiunti altri due elementi che sono rimasti con noi quasi un’intera giornata per documentare il nostro lavoro che diventerà una parte della loro inchiesta.
A pranzo hanno avuto un assaggio della vita di campo: cucina (ottima!) di Roberto, disordine generalizzato (lo ammetto: soprattutto nella mia parte di tenda. Niente di nuovo per chi mi conosce), scherzi e battute, e, senza che fosse minimamente preparata, una discussione “accesa” sulle figure di Scott ed Amundsen (se non sapete chi sono correte a documentarvi…).
Quindi vi lascio con questa immagine surreale.
In un puntino che è la nostra tenda, sperduta nei milioni di km quadrati di pack antartico, 2 ricercatori, un’insegnante prestata alla ricerca, due guide, due giornalisti discutono animatamente di esploratori polari come se parlassero di propri parenti ed amici.
Se i giornalisti avessero tenuto le telecamere accese di nascosto nessuno al mondo avrebbe creduto che fosse accaduto realmente. Ma noi sappiamo che è così. Vero, Oliviero e Carlo?!
Dimenticavo cari followers del mio blog: appena avrò le date di messa in onda dello speciale ve le comunicherò.
Attività svolta nell’ambito del Protocollo di intesa fra MIUR e MNA per diffondere le conoscenze scientifiche sulle regioni polari agli studenti di scuola secondaria e con la collaborazione del PNRA